Ne ha viste (e giocate) di dritte e di storte, di cotte e di crude, con qualche minestra riscaldata. A Napoli i primi due heats sono durati complessivamente cinque anni. Prima il quadriennio dal 1993 al ’97 e poi l’anno di (dis)grazia, il primo del terzo millennio. Nell’ultima stagione da calciatore azzurro (2000/01) il 27enne motorino del centrocampo, pur onorando la maglia (27 presenze in campionato e 6 gol) dovette dare l’addio alla serie A, assieme a Zeman (prima) e Mondonico (poi) ed ai vari Stellone, Bellucci, Jankulowski, Sesa, Matuzalem , ma pure ‘O Animal Edmundo. Boccone amarissimo da ingoiare, chissà quante volte durante le successive avventure a Bologna, Como, Siena, Ascoli, Frosinone e Foggia avrà pensato: e no, così no però! Ma il tempo sovente è galantuomo, e il cerchio spezzato potrebbe stavolta finalmente chiudersi. Il suo stesso karma induce all’ottimismo, poiché invece il Pecchia del quadriennio era un ventenne di belle (e concretizzate) speranze, un giovanottino tutto d’un pezzo che non faceva distinzione fra lavoro e studio, affrontandoli sempre con applicazione. E venendone ripagato dai risultati. Quattro stagioni con tempo bello, 125 presenze e 15 gol, stimato e apprezzato da Lippi, Boskov, Simoni e Montefusco. Una finale di Coppa Italia persa col Vicenza (dopo gol all’andata) e l’oro di Spagna con l’Under 21 (europei del ’96) prima di passare per 10 miliardi alla Juve. Scudetto e Supercoppa e tanta saudade.
Fonte: Corrieredellosport.
La Redazione.
D.G.
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