Divertiamoci: perché c’erano i presupposti, mancava lo stress da prestazione (e da risultato), lo chiedevano a gran voce i diecimila bambini a cui era stato aperto il san Paolo. Divertiamoci: e quando il sipario è calato su quel festival, lo spasso l’ha garantito il Napoli, capace di prendersi ciò che chiedeva, il centesimo gol (centoquattro per la precisione), il record di punti (eguagliato il precedente dell’anno scorso), la ventesima rete di Callejon, la sublimazione (magari effimera) di un’idea di calcio che, alla fine, avrà lasciato divertire pure un po’ il Verona, spogliatosi dell’anima dopo aver perso l’Europa League e arrivato disidratato nella testa in una sfida inutile.
LO SHOW. Il calcio è gioia e quei fanciulli che guardano possono godersela sul serio: hanno uno stadio tutto per loro, sono in diecimila e si fanno sentire con le loro voci candide, pulite, limpide e d’una freschezza assoluta a malapena contaminata, nelle rare imitazioni degli adulti racchiuse in un «chi non salta juventino è». Il calcio è esclusivamente del Napoli, stavolta, perché il Verona è rimasto altrove, s’è presentato soltanto con il corpo ma non ha nient’altro da dare, magari solo da osservare ciò che accade dall’altra parte, in quella giostra stuzzicante ch’è palleggio corto-lungo in una cifra tecnica rimarchevole. La chiameranno partita e invece è un monologo, una serie di acuti che squarciano la notte, tre reti in venticinque minuti, ricami, accademia e tutto ciò che può tornare utile per arricchire lo spettacolo, per trascinarlo su livelli onirici per quegli adolescenti a cui non parrà vero.
VITAMINA C. Cento di questi gol: e chi se non José Maria Callejon per tagliare il traguardo? Il ventesimo autografo personale serve per esaltare le statistiche, per aprire la serata, per mostrare gli effetti lucidamente devastanti d’una verticalizzazione ad un tocco che coinvolge tutta la dorsale del Napoli. Pronti, via, è già finita, perché l’assenza del Verona è palpabile, evidenziata dall’assoluta mancanza di contraddittorio, da linee deformate e da una voracità del Napoli ch’è cannibalesca al 13’, con la combinazione Mertens-Zapata che vale il 2-0.
INCONTENIBILE. I dettagli sugli spartiti diventano irrilevanti ed il tentativo di rileggere (occasionalmente) la variazione del 4-1-4-1 del Napoli viene ridimensionato dalla inconsistenza del Verona, incapace di applicarsi sui ritmi e sui movimenti. Ma Jorginho che sfida i «fratellini» del suo recente passato dà la sensazione di gradire il ruolo di play basso e quei tre «dannati» che galleggiano nella terra di nessuno (Callejon-Mertens-Insigne, con talvolta Dzemaili a sostenerli) sono aghi che s’infilano nella carne e confezionano il 3-0 d’uno Zapata in versione star.
VERVE. Il Napoli va a memoria, resta 4-2-3-1 puro quando esce Callejon con Radosevic in mediana, Dzemaili (e poi Zuniga) tra le linee: basta e avanza per demolire il Verona, crollato da un bel po’, capace persino di regalare (17’) con retropassaggio di Albertazzi il 4-0 a Mertens, l’uomo del match ch’emerge in quel luna park nel quale entra Iturbe con la punizione (deviata) per far sventolare la bandiera. Però è stato divertente, per il Verona, questo primo anno di serie A; e per il Napoli saper d’aver intrapreso un percorso scintillante ad inseguir la gloria..
Fonte: Corriere dello Sport
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