“Ho scelto come unico mestiere quello che avrei fatto anche gratis”. Ecco la frase più celebre diMaurizio Sarri, pronunciata con semplicità ed onestà, dopo essere partito da così in basso ed aver realizzato di essere arrivato così in alto: dalla Seconda Categoria alla Serie A, le ha vissute proprio tutte. Fatica, ma anche soddisfazione. Ah, i dilettanti: quel mondo calcistico in cui spesso mito e quotidianità si fondono in un mix speciale condito da aneddoti e storie meravigliose: la curiosità aumenta, eccome. Così abbiamo deciso di intraprendere un “viaggio nel mondo di Sarri”, contattando in esclusiva per Gianlucadimarzio.com almeno un giocatore o dirigente per ciascuna squadra in cui ha allenato, alla ricerca di racconti passati, ma tuttora in grado di strappare un sorriso. Si comincia.
Prima tappa? Stia, stagione ‘90/91, quando Sarri decise di appendere gli scarpini al chiodo per diventare l’allenatore di una squadra di Seconda Categoria. A raccontarcelo ci pensaLuca Rialti, prima compagno e poi giocatore di Sarri, ora impegnato in una grande azienda logistica: “Andavamo insieme a Firenze per lavoro, anche se praticavamo due lavori diversi. Poi, da lì, sempre insieme, ci recavamo a Stia per giocare: la strada era molto tortuosa e lui era così scaramantico da accendere le sigarette solo ed esclusivamente quando si presentavano certe curve piuttosto che altre. Maurizio è una grande persona: per esempio, due anni fa, ho avuto un grave problema e lui mi ha mandato un messaggio per sapere come stavo”.
La stagione successiva Sarri cambiò squadra passando alla Faellese, sempre in Seconda Categoria, dove rimase fino al 1993. Simone Simonti, ora impiantista elettronico, ne parla così:“Che personaggio Maurizio! Tra le sue scaramanzie, ne ricordo una in particolare: vestiva sempre una maglia nera che non cambiava mai. E poi, aveva una lavagna in cui scriveva delle massime di saggezza, come ‘Non è grande chi non cade mai, ma chi cade e si rialza’. Era maniacale nel descriverci gli avversari, in seconda categoria, pensate! Io, tra l’altro, ero il più tartassato dai richiami del mister (ride, ndr), facevo la mezz’ala destra… Ci siamo divertiti molto e utilizzava un modulo che poteva variare da 3-5-2 a 5-3-2 a 3-3-4. Siamo ancora molto amici, addirittura sono andato a trovarlo a Napoli di recente”.
Dopo l’esperienza a Faella, ecco il doppio salto, fino alla Promozione. Ad attenderlo il Cavriglia,portato nel giro di tre anni fino all’Eccellenza,dove ritrovò un vecchio avversario diventato poi suo giocatore, Nicolè Pratesi, ora impiegato in un istituto farmaceutico: “Ci sono mille storie da raccontare su Maurizio, soprattutto sulla sua scaramanzia! Ad esempio, un giorno eravamo tutti pronti per iniziare l’allenamento ma Sarri non arrivava. Allora aspettammo, aspettammo, aspettammo e alla fine decidemmo di chiamarlo. Lui rispose dicendo che era in macchina fermo perché gli aveva attraversato la strada un gatto nero e avrebbe dovuto aspettare per forza che passasse un’altra macchina prima di lui, se no non si sarebbe mosso. Solo che di macchine proprio non ne stavano passando…Quante risate! Poi, vi racconto quest’altro aneddoto di quando invece giocavamo da avversari. Entrambi eravamo due difensori centrali e durante una partita mi si avvicinò Maurizio, chiedendomi: ‘Nicolè, quando nascerà mio figlio posso chiamarlo come te? Tu sei un gran giocatore e io spero che lui diventi un giorno calciatore’. Io risposi che non doveva chiedere il permesso a me, ma a sua moglie! – se la ride – Peccato che poi suo figlio poi col calcio non è che se la sia cavata molto… Infine, sempre quando giocavamo contro, Maurizio era conosciuto per essere un giocatore ‘all’inglese’: entrava sempre in scivolata! E noi, conoscendolo, facevamo apposta a far finta di allungarci la palla per crossare così, non appena si lanciava in scivolata, lo scavalcavamo con un sombrero e… Ciaooo”.
Sempre in Promozione, nel ’96, sposò la causa dell’Antella, trasportata fino all’Eccellenza. A ricordare quei tempi ci pensa Walter Girezzi, ai tempi dirigente ed ora, come allora, proprietario della Pizzeria Lappeggi: “Mangiavamo sempre nel mio ristorante e lui voleva che tutti si sedessero ogni volta al solito posto. Un giorno un altro dirigente, Dante, mi venne a dire che aspettavano un certo Ciucchi prima di mangiare e quando glielo riferimmo iniziò a toccarsi dappertutto per la scaramanzia perché questo Ciucchi non giocava più con noi. Un altro episodio simpatico che ricordo è legato a quando allenava la Faellese, dove c’era un factotum bassissimo di statura, chiamato bonariamente ‘il nano’, che Maurizio portava con sé ovunque. Una volta forarono la ruota della macchina e a vederli insieme, uno alto un metro e novanta e l’altro un metro e venti, che non riuscivano a cambiare la ruota, faceva molto ridere. Quando era all’ Empoli lo incontravo a comprare il giornale, facevo apposta a dirgli che la domenica avrebbe vinto, così iniziava a toccarsi dappertutto!”.
Nella stagione ‘98/’99 fu il turno del Valdema,dove incontrò Gianni Morrocchi e Giuseppe Sacchini, rispettivamente l’uno avvocato e l’altro agente di commercio: “Quando iniziammo ad ottenere buoni risultati, tutti i giovedì dopo allenamento si andava a mangiare in un ristorante chiamato “La Pagliera” – ricorda Morrocchi – era tradizione e Maurizio diceva che portava bene. Quando c’era Sarri poi, si trovavano sempre sigarette dappertutto! E chi si dimentica i suoi allenamenti, quando preparava in modo maniacale la partita perché conosceva alla perfezione tutti gli avversari, che era una cosa davvero inedita per la categoria: infatti, alcuni nostri giocatori, per la troppa meticolosità, andarono fuori giri (ride, ndr)!”. “Se devo raccontare qualche aneddoto su Sarri, finiremo di parlare non prima di stasera – Continua ridendo Giuseppe Sacchini – Era impressionante come Maurizio, se notava di aver fatto una strada particolare e magari di aver fumato una sigaretta in un certo punto o parlato con una certa persona, nel caso poi la domenica vinceva, la settimana dopo voleva in tutti i modi ripetere lo stesso percorso e le stesse cose fatte, per filo e per segno. Sapeva tutto di tutti gli avversari, persino di quei giocatori che non giocavano davvero mai. Addirittura, a volte ci diceva dove era stato visto la sera prima un giocatore piuttosto che un altro. E quando entravamo nello spogliatoio per ascoltare la ‘lezione’ c’era sempre un nuvolone di fumo! Dicono che una volta, per quanto è fissato con le sue sigarette, durante un ritiro, a tavola scambiò la sigaretta per una forchetta. La moglie ci raccontava che la sera, appena arrivato a casa, si dirigeva subito nel suo ufficio dove trovava una tavola apparecchiata per cena, perché lui doveva assolutamente aggiornare i dati dei giocatori sul suo computer… La moglie ormai lo conosceva da tanti anni, si era rassegnata (ride,ndr)!”.
Nel ’99 arriva il Tegoleto, Sarri decise di dedicarsi solo ed esclusivamente alla sua grande passione: il calcio. Proprio al Tegoleto, in Eccellenza, fece una conoscenza particolare, che si rivelò poi fondamentale negli anni a venire. A ricordare quell’annata particolare ci pensa il sig.Dino Bonci, simpatico ottantenne dall’accento non toscano, di più, ai tempi e tuttora presidente ed amministratore della squadra: “Ai tempi ad allenare il Tegoleto c’era Francesco Calzona, il nostro giocatore/allenatore, ma le cose non andavano molto bene. Allora avevamo sentito che c’era libero un allenatore bravo, un certo Maurizio Sarri, e decidemmo di ingaggiarlo da metà stagione in poi. Da noi fece bene, lo prese la Sansovino e vinse la Coppa Italia. Ricordo che era un ragazzo calmo e tranquillo, che non poteva fare a meno delle sue sigarette: quando la stampa locale voleva intervistarlo, doveva aspettare che si finisse di fumare. Francesco (Calzona) e Maurizio dai tempi del Tegoleto sono diventati inseparabili e ovunque sono andati hanno fatto bene: possiamo dire che da noi è nata l’accoppiata Sarri – Calzona”.
L’ultima esperienza tra i dilettanti fu nel 2000 in Eccellenza alla Sansovino, terminata poi nel 2003 dopo una grande cavalcata fino alla C2. Il portiere della squadra di allora era Alfredo Gennaioli, anche lui diventato in seguito allenatore e tuttora sulla panchina del Tegoleto:“Ci divertivamo molto con Sarri, anche se era un martello pneumatico negli allenamenti. Una domenica dovevamo giocare lo scontro diretto a Chiusi e noi eravamo secondi a 4 punti da loro. La domenica prima Sarri urtò accidentalmente la macchina di un mio compagno, Marco Fara, con la sua BMW Station wagon grigia e poi vincemmo. Così, la domenica della partita contro il Chiusi, appena arrivò al campo, urtò intenzionalmente la sua vettura nuovamente contro quella del povero Marco Fara! Restammo senza parole, ma alla fine vincemmo 2-0…Poi, vestiva sempre di nero e non voleva che i suoi giocatori usassero scarpini che fossero di un colore diverso dal nero. Ora penso che questa regola al Napoli l’abbia eliminata (ride di nuovo, ndr)”.
Racconti, aneddoti, scaramanzie: il nostro percorso al tempo dei dilettanti è terminato, ma ad aspettarci c’è un altro viaggio, stavolta nel mondo dei professionisti. Dalla C2 alla Serie A. Pronti a scoprirlo? E allora via, alla prossima puntata.
Fonte: GianlucaDiMarzio.com
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