Bruno Pesaola. Ovvero, l’unico che ha vinto. L’unico dei sedici allenatori stranieri che il Napoli ha avuto sulla sua panchina, che è riuscito a portare a casa qualcosa d’importante.
Caro Petisso, li ricorda tutti quei successi?
«Tutti. E bene, manco fosse stato ieri. Il più importante? La Coppa Italia del ’62. Una cavalcata fantastica. Mettemmo in fila Alessandria, Samp, Torino, Roma, Mantova e in finale battemmo la Spal a Roma, all’Olimpico. E stabilimmo pure un record: ancora oggi, infatti, il Napoli è l’unica squadra che ha vinto la coppa Italia pur giocando in serie B. Quell’anno, però, fummo promossi. Bei ricordi, no?»
Lei a Napoli poi c’è pure rimasto. E come lei, Vinicio e prima ancora Innocenti e Sallustro.
«Non a caso tutti sudamericani. Ma non c’è da meravigliarsi: noi con i napoletani abbiamo molte affinità. Il modo di vivere è lo stesso. E anche la voglia di vivere è la stessa. Sì, caratterialmente tra questi due popoli non c’è molta differenza. Mi rendo conto, invece, che chi viene da Paesi, culture, abitudini diversi può essere un po’ più complicato».
Benitez come si troverà?
«Lui è spagnolo. E per sua fortuna parla anche bene l’italiano. No, lui per inserirsi non avrà problemi. E meno che meno potrà averne in campo. A Napoli, infatti, si presenta con un curriculum di tutto rispetto. Dovunque è stato ha vinto qualcosa di importante».
Insomma, è fiducioso.
«Certo che lo sono. Ma a patto che il club gli metta a disposizione una rosa con la quale lavorare per traguardi assai importanti. Voglio dire che se invece De Laurentiis dovesse organizzargli una squadra di giocatori un po’ così così, beh, allora chi potrebbe pretendere da lui cose eccezionali?»
Ma che cosa dovrà fare subito Benitez per integrarsi al meglio?
«Dovrà sintonizzarsi immediatamente sulla lunghezza d’onda della città e dei napoletani. In particolare della gente del calcio, del pubblico del San Paolo».
Perché, che cos’ha il pubblico del San Paolo?
«E’ passionale, ma soprattutto accorre allo stadio sempre e sempre numeroso. Logico, quindi, che sia anche esigente, che pretenda molto dalla squadra. Ecco: se Benitez capirà questo e lavorerà per questo, non avrà problemi. Anzi, saranno rose e fiori».
Prima si diceva che in tanti sono arrivati a Napoli e non se ne sono andati più. Altri, invece, sembrano morire dalla voglia d’andar via. Di tagliare la corda. Cambiar aria, squadra, maglia.
«Parliamo di Cavani, vero? Beh, questa è una storia che proprio non riesco ad inquadrare. Il giocatore vuol andare via? Il Napoli vuole lasciarlo andare? C’è una squadra pronta a dargli più di quanto non possa dargli il Napoli? Bene: lo si dica. La mia impressione, infatti, è che tutto si racconti tranne la verità».
Ma lei che farebbe: lascerebbe andare a cuor leggero El Matador?
«Intanto: se un giocatore vuole andare, se non ci vuole stare più, si può solo dargli la benedizione e accompagnarlo giù al portone. Ma poiché un club non può perderci anche i soldi, è giusto che ad una partenza importante corrisponda un altrettanto importante corrispettivo economico. E mi sembra che per Cavani questo può accadere. Quindi?».
Dopodomani la prima volta di Benitez al Napoli. Dovesse mandargli un messaggio che cosa gli direbbe?
«Ma io glielo mando per davvero. Gli auguro tutto il bene possibile. Gli auguro di sentirsi prestissimo napoletano come me e chissà che pure lui un giorno non pensi di stabilirsi qui con la sua famiglia. E poi gli auguro di restare a lungo a Napoli perché questo sarebbe il segno di un gran bel lavoro e di tanti successi. Questo lo dico come vecchio allenatore, ma soprattutto come tifoso azzurro».
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
G.D.S.
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