La linea di demarcazione tra due correnti di pensiero è in quella definizione un po’ abusata che conduce teoricamente al top (player) delle aspirazioni ma nel progetto ch’è in fase d’attuazione l’asticella dei desideri viene tenuta (teoricamente) un po’ più bassa delle principali concorrenti, rispettando rigorosamente le difficoltà economiche d’un universo al quale il calcio non si sottrae. Il Napoli che verrà è in fase d’elaborazione e dal laboratorio nel quale si cerca la miscela giusta per combinare tetto salariale, fair play finanziario ed età anagrafica, affinché i composti offrano un ragionevole talento che non alteri il bilancio del club, l’analisi di Walter Mazzarri finisce per svelare l’autenticità d’una formuletta attraverso cui s’insegue una magìa. Lo scudo antispread per riuscire ad arginare Juventus e Milan è compreso tra le righe d’un discorso che in teoria ha vari filtri e che in realtà è privo d’alcun velo: ma in quella sottile distanza (?) che si può ora ufficialmente registrare tra De Laurentiis, Bigon e Mazzarri, non rientrano né incomprensioni, né frizioni, ma una diversità che appartiene alla natura degli uomini, alla visione che ognuno può avere del calcio, della politica aziendale e ch’è figlia – inevitabilmente – della differenza dei ruoli interpretati. Il mercato è oggi più di ieri una fiera dei sogni, ma stavolta meno allegra che in passato, e affinché le luci del luna park non finiscano per abbagliare, la lettura della realtà è stata offerta depurata d’ogni equivoca interpretazione, tracciando il confine tra il possibile e l’impossibile, tra il vorrei di Mazzarri ed (eventualmente) il non posso d’una società che ha scelto – pure in tempi non sospetti, d’inseguire una filosofia di vita tutt’altro che disinvolta e mai – come suggeriscono i Quagliarella, gli Inler e i Cavani – però risparmiosa. I fatti separati dalle interpretazioni raccontano d’una escalation indiscutibile d’un club che appena nel 2004 s’è ritrovato sommerso dal cumulo di debiti del passato e confinato nello scantinato del calcio, di otto anni caratterizzanti per ciò ch’è stato conquistato e per il modo in cui le imprese si sono concretizzate: ma in quella lucida, meditata confessione, più che la scoperta di un altarino, Mazzarri ci infila una spruzzata di onestà intellettuale che serve per rinfrescare il clima e specchiarsi in un laghetto di verità. Per toccare il «top», può bastare la sincerità.
«Io al mercato fatico a pensare, perché ho otto ore al giorno intense da dedicare ai giocatori. Ho dato delle indicazioni a De Laurentiis e a Bigon ed è anche vero che mi piacerebbe avere giocatori già fatti, per vincere. Ma il mio compito finisce qua. Poi tocca alla società decidere ciò che si può fare e ciò ch’è complicato realizzare».
Sembrano posizioni un pochino distanti.
«Sono idee. Io sono un tecnico, stipendiato dal club, per il quale vuol ottenere sempre il massimo. Tra di noi non esistono contrasti, abbiamo dialogato per trovare soluzioni: però è vero che sarà importante esporre con chiarezza i programmi, a quel punto. E comunque tra noi la chiarezza non è mai mancata».
Senza top player, diventa più complicato vincere?
«E’ dal giorno del mio arrivo che siamo competitivi: subito l’Europa League, poi la qualificazione in Champions, poi la conquista della coppa Italia. E una crescita esponenziale del gruppo di lavoro. Abbiamo sempre prodotto calcio propositivo e divertente e mi pare un gran bel risultato. Che poi si possa ulteriormente migliorare, beh questo va verificato sul campo: ma io sono ambizioso ed eventualmente, non dovessero arrivare calciatori di profilo rilevante, non mi sentirei penalizzato dentro. Io sono uno che ha sempre la carica giusta».
Cosa le serve per fronteggiare le grandi?
«Visto quanto raccolto nel triennio del sottoscritto, penso che servano pochi acquisti ma mirati. Ho espresso al presidente e al diesse i miei desideri: è vero, comunque, che, se non si può accedere ad una fascia altissima, diventa difficile trovare in giro giocatori più forti di quelli che abbiamo. Ma è pure giusto sottolineare altro: l’inserimento di calciatori ritenuti fortissimi non concede la matematica certezza di vincere. Ma, indiscutibilmente, aumentano le possibilità».
La novità, per ora, sembra il modulo.
«Ho intenzione di far conoscere alla squadra un sistema di gioco diverso dai precedenti e per questo abbiamo cominciato subito con il pallone e con il 3-5-1-1, la soluzione tattica che ha portato la Juventus allo scudetto. Ma io voglio un Napoli che nel corso della stessa partita sappia mutare pelle».
Senza Lavezzi sarà ancora più dura?
«Abbiamo perso un calciatore importantissimo per una cifra importante, ma l’anno scorso siamo stati bravi tutti a rigenerare Pandev, che è un attaccante di valore assoluto. Goran ha già dimostrato, quando non avevamo il pocho, di cosa sia capace. Per me è un titolarissimo, mi dà garanzie e certezze, come Hamsik e come Cavani».
Nella batteria degli attaccanti avrà anche Insigne e Vargas…
«Valorizzare giovani è soddisfazione ed io l’ho già fatto. Vargas e Insigne hanno sicuramente qualità, ma bisognerà verificare la loro risposta dinnanzi a certe pressioni: è una verifica che farò con piacere. Per ora, rappresentano delle incognite; ma li aiuteremo noi. E poi Lorenzo in serie A l’ho fatto debuttare io. Ma adesso l’attende un esame più difficile: giocare con il Napoli ad altissimi livelli».
La griglia di partenza prevede, a naso, altre favorite.
«Il nostro primo obiettivo sarà quello di consolidarsi ad alti livelli. Ma siamo ambiziosi e non ci accontenteremo mai: anche se dovessero esserci valori superiori ai nostri: in questo momento, tre o quattro squadre sono più attrezzate. Quest’anno la serie A diventerà più difficile, ci sono Sampdoria e Torino che arrivano dalla B con un carico di storia. Ma sono stimolato, son rimasto pur con un contratto in scadenza, ho stimoli e ne hanno i ragazzi. E mi piace cominciare subito dalla Supercoppa: sono uno che non gode mai dei successi ottenuti, ma stavolta questa finale mi ricorda il trionfo di Roma. Avremo gli occhi del mondo addosso».
La Champions, disse, costa almeno otto punti…
«Ma l’Europa League non verrà snobbata, servirà anche per tastare i giovani, chi ha meno possibilità di esprimersi in campionato; non abbiamo gerarchie tra gli obiettivi, la mia filosofia, cioè crescere sempre e non accontentarsi mai, varrà pure stavolta».
Un pensierino sul mercato, via…
«Ma no, non è argomento mio. So per certo che nell’organico ci sono uomini che possono rappresentare rinforzi: Britos, ad esempio, non l’abbiamo quasi mai visto; e Donadel non ha avuto neppure un minuto di possibilità; e poi Fernandez, Inler e Dzemaili hanno un anno di esperienza di Napoli; e Zuniga è diventata una certezza, a sinistra. E mi sia consentito di sottolineare che nel tempo, con me, con il mio staff, abbiamo potuto cogliere i progressi di ognuno: ad esempio, Cavani con noi ha raggiunto livelli mai toccati in precedenza».
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
A.F.
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