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Il mercato che non c’è. Un estate senza botti per il Napoli e per i tifosi azzurri

Seconda stella, a destra, questo è il cammino….Il vuoto intorno, dentro e nella penombra d’una estate appiccicosa, il mercato che non c’è: cento giorni nel nulla, un nostalgico deserto che schioda il passato dai ricordi e lascia che dal bagnasciuga della memoria sfili via l’esistenza briosa, le pulsioni d’una città stordita, le espressioni vaghe dinnanzi alle incognite. Però era vita, un fiorir d’idee – almeno quelle – sventagliate per darsi aria, per scacciare la calura, per sognare sul pedalò e sfogliare il futuro sulla sdraio, sotto un ombrellone. Giugno, luglio, agosto: il resto è noia, un andamento lento che sfiora l’immobilismo e anzi lo abbraccia, il girovagare un po’ stucchevole per un’Europa improvvisamente depredata dei muscoli e del cervello d’un mediano capace di inventarsi regista, un fragiflutti che ripari dalle mareggiate (anche ambientali) che s’avvertono a distanza.

C’ERA UNA VOLTA. Il mercato: e ce ne sono stati, eccome, di giornate infuocate, d’un attivismo razionale. C’era il mercato degli illustri sconosciuti, della serie «ma chi avete acquistato»: ed erano appena atterrati Lavezzi ed Hamsik, undici milioni di speranze divenute immediatamente certezze, trasformata in idolatria allo stato puro da chi sa riconoscere d’essersi sbagliato, di non aver colto l’attimo. L’estate del 2007. le storie vanno raccontate dall’inizio e a puntate, e quella della serie A del Napoli di De Laurentiis cominciò con l’irruzione di due scugnizzi, accolti nella diffidenza, non nell’indifferenza, perché all’arrivo ci furono moti di civile contestazione.

I BOTTI. Ma c’è sempre stato tanto Napoli, in quel trimestre in cui ci si perde con la fantasia, tracciando – ognuno secondo le personalissime convinzioni – le formazioni ideali: e, al secondo anno di serie A, fu il momento di Maggio e quello di Denis, un carrarmato apprezzato nel tempo, furono interventi mirati, spendendo il giusto o anche un po’ della resa poi ottenuta sul campo, però mirando al cuore dei problemi.

I COLPI. Il salto in alto avviene, di fatto, nel 2009, quando s’alza la qualità dei protagonisti, quando si sceglie il profilo internazionale, quando si rompe lo steccato: è l’estate dei Campagnaro, dei Quagliarella, degli Zuniga, dei Cigarini e – ahiahia – pure di Hoffer; però è la rappresentazione non certo scenica ma costruttiva, pratica, del cambiamento di rotta, che nel 2010 viene certificato con l’acquisto di Cavani, diciassette milioni che fruttano centoquattro gol, che consentono di scuotere ulteriormente l’organico, impennandone il livello, ricostruendo il Napoli intorno ad un totem, concedendole non soltanto un centravanti ma anche un trascinatore esemplare in campo e pure in allenamento.

L’ESCALATION. Poi è normalizzazione, ritocchi (pure sontuosi): sedici milioni per Inler, funzionale; una presenza sempre autorevole intorno ai fatti che scorrono impetuosi, la malinconia per aver dovuto rinunciare a Verratti dopo averlo ormai in mano, con tanto di contratto che ha bisogno solo della firma. Ma la prova provata dell’efficienza è nella scelta di lasciare che il progetto abbia un suo sviluppo e che decolli ulteriormente nel Mondo attraverso la statura di Rafa Benitez, al quale dicono sì Hamsik e Reina, Mertens e Callejon e Albiol: è una rivoluzione non soltanto ideologica, nel ciclo d’espansione, ma pare pure la ricerca definitiva d’uno status elitario, l’immersione in una dimensione onirica. Seconda stella, a destra, quello era il cammino….Verso il mercato che ora non c’è.
Fonte: Corriere dello Sport

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