Nei vecchi cascinali di campagna trasformati in ville, a pochi chilometri dal cuore di una Pozzuoli che ostenta tanti Napoli Club ma ancora nessuno dedicato a lui, le ansie e le attese di Walter Mazzarri per il derby con la Roma di sabato sono presunte e, in ogni caso, molto distanti. Qui, tra le colline di San Vito, alle spalle di via Campana, l’ambiente è bucolico: due cavalli, tanti cani, panorama sui poderi e sui vigneti e la campagna. È il luogo che il tecnico livornese di San Vincenzo, ha scelto per vivere da quando è arrivato poco più di un anno fa. Una zona dove il telefonino non prende quasi mai se non sui terrazzi e volte neppure lì. Questo è il regno segreto del tecnico: «Abita da queste parti, lo vediamo passare e lo salutiamo – dice il portiere del residence Abbazia, Giuseppe Salierno – ma non si è mai fermato. Neppure per un autografo». Tra i vicini-vip anche Eduardo De Crescenzo. Ma i due non si sono mai incrociati. Già. Perché per Mazzarri l’avversario più ostico è la mondanità, che detesta. Da uomo di mare, però, ama la zona flegrea. Probabilmente per la solita vicenda della scaramanzia: a Pozzuoli, nel vecchio campo di Arco Felice, debuttò alla guida di una squadra tutta sua nel 2001 (Puteolana-Acireale 1-1) e qui scelse la prima casa, tre anni prima, quando era secondo di Ulivieri nel Napoli della prima stagione in serie B. Il suo feeling per Pozzuoli inizia proprio quell’autunno: «Venne ad abitare in un residence vicino alla Solfatara e da allora sono il suo fornitore ufficiale di babà». Pochi amici, uno su tutti: Mimmo Palumbo è il pasticciere titolare del bar Dolci Momenti. Ecco Mazzarri in un dietro le quinte inedito: «È uno che non si fa vedere mai in giro. Ho provato persino a presentargli il mio barbiere. Lui mi guarda e fa: ‘Mimì, ma che ti ho fatto di male? I capelli li taglio solo a casa mia’». Gloria e successi non lo hanno cambiato. «È fatto così, è schivo, riservato – racconta – I dolci li porto io perché quando viene qui è il caos. A lui non piace. L’ultimo dolce? Una tortina di fragola. Però di calcio parliamo. Glielo dico sempre: ti prego, vinciamo lo scudetto. E lui mi sorride». Tra i suoi riti il posto dove mangiare. Sempre lo stesso. Da 16 mesi. Porto di Pozzuoli, ristorante Europa. Non il più popolare e famoso della zona, ma quello dove si trova più a suo agio. Procolo Lubrano e il figlio Antonio allargano le braccia. «Non ci va di svelare nulla. Lui è scaramantico fin a dentro il midollo. Meglio stare zitti, altrimenti non viene più». Due-tre volte alla settimana, fine allenamento e ore 19,30 al massimo cena pronta. Auto davanti l’ingresso, sala e tavolo riservato, spalle alla strada, quasi sempre da solo con i suoi pensieri. Unica deroga a Giuseppe Santoro, il team manager, e alla mamma, che ogni tanto trascorrere qui qualche giorno. Non solo pesce. Pasta e patate, mozzarella, una chianina ogni tanto. E tante sigarette. «A seconda di quello che ha fatto la domenica – raccontano divertiti – perché se non ha vinto non smette di fumare neppure per un secondo».
La Redazione
C.T.
Fonte: Il Mattino
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