Ecco l’editoriale di Toni Iavarone:
“Due pesi massimi al centro del ring, suona il gong dell’ultima ripresa. Uno non ne può più, ne ha date e prese. Se indovina un pugno pesante butta giù l’altro. L’esempio potrebbe calzare per questo Napoli-Juventus, antica sfida tra due squadre che percorrono, stavolta, cammini opposti. La formazione azzurra arriva stanchissima alla partita che non chiameremo della verità. La verità nel calcio è un traguardo sempre provvisorio. La fatica, invece, quella è sicura. Ed è tutta della Mazzarri band, che – oltre allo sfiancamento da Champions – avverte nelle gambe la micidiale e fortunatissima serata di Bergamo. Alla Juve, che s’è potuta preparare come meglio gradiva – niente coppe, solo campionato – tutto sembra sorriderle: i risultati, un ragguardevole organico, un allenatore che non sbaglia un colpo.
Partita d’attesa
Chi domani s’immagina sfracelli sull’uno o sull’altro versante è sorretto solo da una fede cieca e incrollabile. Conterà solo l’hic et nunc. Mazzarri dispone dei suoi «titolarissimi», di pochi cambi e patisce l’incessante continuità degli impegni; se ha visto (com’è facile ipotizzare) la partita della Juve con la Lazio avrà deciso di fare l’esatto contrario della squadra di Reja. Sa che il suo Napoli denota serie difficoltà contro avversari che chiudono gli spazi, sa che il centrocampo juventino è qualitativamente superiore al suo e che non potrà reggere ritmi molto elevati. Soprattutto è consapevole dell’ottavo posto e che perdere ulteriore terreno in classifica significherebbe continuare a tenere staccata la spina del campionato. Partita d’attesa, di quelle intrise di mosse tattiche, come piace a lui. Non che Conte sia uno sprovveduto, anzi. Ma è proprio sulla tattica che lo pizzica spesso e volentieri la critica.
Il merito
Che aggiungere, se non un ennesimo tratto di merito sulla pagella di Mazzarri che ha trasformato giocatori bravi, ma generici, in pedine delle quali sarebbe impossibile privarsi, aumentando così la soglia dei risultati sportivi ottenuti e facendo lievitare il valore dell’organico. Il Napoli di Mazzarri da anni gira l’Italia e l’Europa con gente tosta e qualche asso. Altri club di rango hanno, invece, tanti assi e pochi gregari. Ma da queste parti l’estro spaventa perché costa e richiede uno sforzo ulteriore di gestione. Genera picchi: meglio una linea costante. Ed ecco che grazie a Mazzarri chi entra in squadra vede la propria carriera crescere ed ottenere risultati come se fosse un fuoriclasse, perché il curriculum viene determinato dalla fedeltà al progetto. È quel che Mazzarri chiama il «gruppo» o i «titolarissimi», a cui attribuisce con uno slancio evocativo uno «spirito». Poco importa se al fantacalcio, ai cui valori sono delegate le qualità oggettive assai più dell’idea di collettivo, Pirlo è più pregiato di Aronica”.
La Redazione
P.S.
Toni Iavarone per “Il Mattino”
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