Dopo le trattative e lo sciopero, i giorni della fiducia.
«Sono ottimista che si giochi, per la seconda di serie A»,
dice da Coverciano Damiano Tommasi, parlando di «firma più vicina». Il presidente dell’Assocalciatori ha appena illustrato agli azzurri di Prandelli gli ultimi sviluppi della complicata vertenza sul contratto collettivo, il segretario dell’Aic Grazioli al fianco. E lì ha ricevuto, almeno ufficialmente, la notizia della raccomandata con la quale Cellino chiede ufficialmente le dimissioni di Beretta («Caro Beretta – scrive il patron del Cagliari – dimettiti immediatamente: quello che è stato fatto nei confronti dei giocatori è vergognoso, e io sono sceso in campo semplicemente per il bene comune»):
«Ne dovete chieder conto a Beretta e Cellino»,
dice provando a dribblare l’argomento, ma senza nascondere che a questo punto la riunione di domani in Lega diventa cruciale.
“Oltre a Cellino, altri presidenti hanno fatto certe considerazioni”
ricorda Tommasi, parlando dei dissidenti
“Lotito? Quel che avevo da dirgli glielo ho sempre detto in consiglio federale, credo che l’assemblea di Lega possa superare questo problema. Nel recente passato quella riunione non è stata un esempio di compattezza e capacità di proporre: questa alle porte è invece la più attesa, finalmente anche dai presidenti”
.Cioè, basta che i presidenti trovino l’accordo su una linea non più del muro contro muro, e l’escamotage per l’art. 7 si troverà.
“Ditemi se modernità è accettare per contratto rose a 50 giocatori e se obsoleto è chiedere che un giocatore lavori secondo il contratto che ha firmato”
sottolinea Tommasi
“Le rose troppo ampie sono frutto dell’incapacità o della convenienza di certi presidenti. Discutiamo magari delle date di mercato, ora il ritiro serve solo ad allenare giocatori per tenerli in forma e venderli. Cosa racconta d’estate un allenatore a una squadra in cui la metà delle persone poi non ci sarà, e dopo tre giornate senza vittorie è già in discussione”.
Ora c’è da aspettare la posizione della Lega («io a spalle scoperte? Certe cose le ha dette anche Petrucci»), poi si penserà a rispondere alle accuse.
“Calderoli vuole raddoppiare il contributo solo ai giocatori? Difficile rispondergli, è il vicepresidente del Senato. Non so se ha antipatie o simpatie “
aggiunge il presidente Aic
“Per fortuna c’è il Parlamento, quel che stabilirà faremo. C’è poi da capire perchè si parla solo di politici e calciatori: forse si vuol colpire due categorie identificate col concetto di casta. Ma noi non siamo una casta…”.
Si dice anche pronto ad affrontare
«il pregiudizio di chi dirà, una volta che si gioca, ecco i calciatori vanno in campo perchè gli hanno tolto la tassa di solidarietà. Ma quello per noi non è stato mai un problema. Pensate se avessimo scritto nel contratto di quella tassa, poi non approvata: saremmo diventati la barzelletta d’Italia. Forse però è ora di far capire che un calciatore non è un figlio di papà: la gente pensa sia pagato benissimo per fare quello di cui tutti sono capaci. E invece non è così, se in uno stadio 22 stanno in piedi e 80 mila stanno seduti ma vorrebbero stare al loro posto. Prima di arrivare a essere uno di quei 22, però, cominci un percorso lungo e difficile da bambino. E se cominciassimo a parlare anche di merito?».
A parlare dello sciopero anche Pirlo:
«Noi calciatori volevamo giocare, alcune società avevano interesse a rinviare: se hai 40 giocatori in rosa, non c’è dubbio, hai sbagliato i calcoli. E poi non firmi l’articolo 7…Quanto all’emendamento Calderoli nessun problema, pagheremo quel che c’è da pagare. Ma attenzione, lo facciano tutti, anche chi non dichiara».
Anche Pirlo, come Buffon, è convinto che la politica abbia usato l’argomento per sviare.
«Non si doveva intromettere, ma quando ci siamo di mezzo noi calciatori vogliono mettere tutti il becco…».
La Redazione
A.S.
Fonte: Il Mattino
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