Il giovanotto possiede tanta personalità nonostante i ventidue anni. Al debutto da titolare al San Paolo si è presentato alla Vinicio, due gol a un avversario di nome Milan. Scrollandosi di dosso il fantasma di Higuain. Pochi giorni fa in Nazionale, contro il Kazakistan, ha steccato: prestazione sottotono e gol facili sprecati banalmente. «Non cerco scuse, ho sbagliato partita»: ammissione di colpa tipica di chi ha pure la maturità dei veterani. Milik è il nome nuovo intorno al quale ruotano desideri e speranze di una squadra e di una tifoseria. Il ragazzone è un tipo freddo, quasi glaciale, carattere che di solito appartiene a chi viene dall’Est ma sa il fatto suo. In apparenza non si scompone, come quando Sarri dettò la formazione base prima di scendere in campo contro il Milan: tutti si aspettavano ancora Gabbiadini al centro dell’attacco, venne fuori il nome del polacco. E lui senza battere ciglio, indossò la maglia e si diresse in campo per il riscaldamento. Cosa che farà anche questa sera. Perché per il momento le scelte fatte dal tecnico equivalgono a una sorta di gerarchia iniziale: Milik centravanti, il Gabbia in panca. A Palermo fiducia al polacco, reduce dalla mediocre esibizione internazionale, un assist per Lewandowski, una traversa e una serie incredibile di errori sotto rete. Cose non da lui, e che ha spiegato a Sarri quando è rientrato a Castel Volturno. Immaginate cosa possa fregare al mister, a lui interessa che il ragazzo stia bene e che abbia smaltito la fatica infrasettimanale.
Milik-Mertens è il tandem in questo momento più affidabile, soprattutto il belga è sorretto da un’ottima condizione fisica. Ed è proprio a quest’accoppiata che l’allenatore non intende rinunciare perché Dries sta a Milik, come un anno fa Insigne stava a Higuain: intesa perfetta dentro e fuori il rettangolo verde, Mertens è il tutor di Arkadiusz, gli fa da interprete, i due arrivano a Castel Volturno e vanno via insieme, è facile incontrarli a ora di cena ai tavoli dei ristoranti di Marechiaro. Parlano la stessa lingua in campo, un feeling inatteso ma talmente efficace da costringere Sarri a rivedere le gerarchie proprie e dello spogliatoio.
Fonte: Il Mattino
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