Il doppio centravanti, creatura quasi mitologica per Sarri, è la soluzione che per Ancelotti deve divorare gli avversari. Una delle teste del mostro (Insigne) sembra quella che, nonostante la scarsa abitudine, si sta adattando meglio. Un po’ sfasato, Arek Milik, quasi sempre lontanuccio dalla porta. Un gol nelle ultime tre gare ufficiali (tra campionato e Champions): per carità, era già successo anche con il predecessore che per tre gare il Napoli segnasse così poco e quindi guai a parlare di squadra malata di gol.
È un Napoli che, nessuno se la prenda, in certi momenti pare un cantiere. Non per gli uomini, quanto per le idee offensive. Verdi a parte (al momento sparito dai radar dopo i 45′ anonimi con la Samp) tutti arrivano dallo scorso anno. Dovrebbero conoscersi a memoria: eppure a parte per gli inserimenti di Callejon, tutti fanno cose diverse rispetto a un anno fa. Insigne fa la punta; Mertens o parte dalla fascia o si piazza alle spalle della prima punta; Milik gioca o con un secondo attaccante che gli ronza attorno oppure con tre uomini che gli danno sostegno. E senza un regista.
Il vecchio tridente tradizionale, al momento, Re Carlo, lo ha mandato in soffitta. Anche perché, l’impressione, è che voglia più imprevedibilità offensiva da parte dei vari Zielinski, Fabian e così via. Risultato: sei gol fatti dopo cinque partite ufficiali con due gol per Zielinski e Insigne e un gol ciascuno per Milik e Mertens. Poco? Sì. Anche perché in Champions la Stella Rossa, ranking Uefa numero 81, era una squadra da travolgere.
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