Come un rosario. Un guaio tira l’altro. Non basta il Collana che costringe le squadre ad emigrare. Non basta il Palabarbuto con la Cuore Napoli basket che vede la serranda dell’impianto di Fuorigrotta chiuso. Ora arriva anche la grana PalaVesuvio. Ieri pomeriggio si è presentata una volante della polizia per chiudere l’impianto. Tremila ragazzi tra agonisti e non che frequentano le tre palestre ancora attive (quella dell’atletica dalla Fidal è stata già riconsegnata perché impossibilitata a gestirla per i costi della manutenzione). Un quartiere senza sport, un’area che deve rinunciare ad un polmone che, finora, ha fatto sempre il suo dovere. Un altro scandalo dello sport napoletano. L’ennesimo. La Polizia giudiziaria ha reso esecutiva una denuncia dei Vigili del Fuoco alla procura della Repubblica presentata lo scorso mese di maggio. Diceva più o meno così: se entro 180 giorni non saranno fatti lavori di adeguamento a tutto l’impianto (a carico del Comune) l’impianto va chiuso. E così è stato. Dike Napoli di basket, Federvolley e Nippon di judo fuori dall’impianto. Catenacci ed un altra palestra napoletana con il bollino dell’inagibilità. Finora nessuna di queste, nella storia recente, si è sottratta al solito percorso di vandalizzazione. Il Palavesuvio rischia di fare la stessa fine.
«Sono arrivati nel pomeriggio – racconta Nello Parlati, tecnico di judo responsabile della Nippon Napoli – e ci hanno intimato di andar via perché il palasport era inagibile. Pendeva una denuncia alla Procura della Repubblica dei Vigili del fuoco che a maggio hanno intimato al Comune di effettuare dei lavori». E qui sta il paradosso. «Relativamente alla palestra dove ci alleniamo si tratta di poche migliaia di euro. Adeguamento all’impianto elettrico, qualche problema di vie di fuga, tutto qui. E sa come ha risposto il Comune? Che noi eravamo abusivi. Quindi, nonostante il fatto che pagassimo il canone, che tutti i politici di turno siano venuti qui a fare campagna elettorale, ci hanno praticamente disconosciuti». Il danno oltre la beffa. «Ed ora senza dei noi tutto sarà vandalizzato perché non so quando si potrà riaprire. Spero presto ma visto come vanno le cose a Napoli». Qualcosa si sarebbe potuta fare. «Certo prosegue – bastava darci la titolarità dell’impianto per un paio di giorni. Avremmo provveduto noi e tutto si sarebbe risolto». Ed invece il palaVesuvio rischia di essere l’ennesimo trionfo dell’immobilismo. Uno dei tanti impianti della Legge 219, post terremoto affidati al Coni e poi da questo ai Comuni senza però mai provvedere ad un successivo affidamento attraverso gare.
Fuori anche la Dike Napoli. «A Napoli non ci sono più palazzetti agibili – il rammarico del vicepresidente della società di basket Pino Zimbardi – Noi non abbiamo palazzetti per allenarci. Giocheremo a Pozzuoli pagando un ammenda perché non è omologato per l’A1. Poi saremo esiliati a Scafati o a Caserta e non abbiamo la struttura per allenarci. In cinque anni abbiamo speso centinaia di migliaia di euro su questa palestra con tutti gli adempimenti previsti. Ed ora cacciati. Assurdo». Un rosario che si sgrana che coglie comunque esterrefatto l’assessore allo sport del Comune di Napoli Ciro Borriello: «Abbiamo già fornito le carte necessarie alla Procura sperando che si possa riaprire quanto prima. I 180 giorni non sono ancora scaduti e non c’erano gli estremi per fermare le attività sportive». Una contraddizione per il Comune impegnato in un vero e proprio braccio di ferro con i Vigili del Fuoco negli ultimi periodi. Prima del PalaVesuvio è stato il turno del PalaBarbuto ad essere chiuso per il quale però è stata prontamente varata una delibera da 80.000 euro che servirà proprio a rendere operativi i lavori più urgenti.
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