Giovedì c’è a Milano la prosecuzione dell’assemblea che dovrebbe indicare il nome per la presidenza della cosiddetta Confindustria del pallone, guidata negli ultimi due quadrienni dal manager Maurizio Beretta. Ci sono due fronti. I grandi club, con il Napoli e la Juve in prima fila, vanno oltre l’indicazione di un nome per la presidenza: hanno presentato un articolato progetto di riforma della governance della struttura che muove 1,2 miliardi di euro all’anno. E potrebbero essere molti di più se, ad esempio, venissero meglio venduti i diritti televisivi all’estero, uno degli argomenti più volti sottolineati da De Laurentiis e dall’amministratore delegato Chiavelli nei loro interventi alle assemblee di Lega. Cosa chiedono il Napoli e gli altri club? Che la Lega abbia una struttura imprenditoriale. Con un presidente di rappresentanza, un amministratore delegato con forti poteri e manager che dirigano le varie strutture. L’obiettivo non è quello di indebolire l’assemblea, ma evitare che vi siano rallentamenti, con progetti delle commissioni ad esempio rinviati perché sempre da sottoporre alla decisione delle società. Gli altri club – 13 o 14, tra i promotori c’è Claudio Lotito, presidente della Lazio e comproprietario della Salernitana, oltre che consigliere federale – avevano pensato a Walter Veltroni come presidente, ma l’ex sindaco di Roma e fondatore del Pd non avrebbe avuto il profilo di presidente di rappresentanza né quello di amministratore delegato secondo i club che puntano alla riforma.
I tempi per la svolta sono ristretti. L’assemblea torna a riunirsi giovedì e il presidente uscente Beretta ha annunciato alcune modifiche allo statuto. Difficile che possa raggiungersi un’intesa. Lunedì 6 marzo ci sarà a Roma l’assemblea per l’elezione del presidente della Federcalcio. Ci sono due candidati: Carlo Tavecchio, eletto nell’estate 2014 dopo le dimissioni di Giancarlo Abete per il fallimento mondiale, e Andrea Abodi, presidente della Lega serie B. Tavecchio ha chiarito che è da escludere una riduzione del format della serie A (le grandi insistono per scendere a 18 o 16 squadre, aspettando che si concretizzi il progetto di una Superlega europea) e che potrebbe adottare il modello della Germania per le seconde squadre, che giocherebbero in Lega Pro, ma senza poter essere promosse o retrocesse.
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