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Il Mattino – I riti di Ferlaino e i trac di Carmando qui nacque il primo scudetto azzurro

 Altri tempi quelli in cui il centro Paradiso era «vivo». Giorni in cui i tifosi erano ammessi una volta alla settimana per assistere, in silenzio, alla partitella e poi sperare di avere un autografo passando davanti agli spogliatoi. Perché la strada d’ingresso e di uscita è unica, e per andare via, la folla dei patiti doveva per forza passare davanti al luogo «sacro» di Soccavo, gli stanzoni dove Maradona, Bagni, Ferrara, costruivano i successi di un Napoli invincibile.
Dietro quel cancello, che un tempo era azzurro e oggi è slavato e arrugginito, Salvatore Carmando esplodeva i «tric trac» quando c’era da festeggiare un compleanno; dentro gli uffici Corrado Ferlaino aveva un televisore collegato a una potentissima antenna satellitare, perché non esistevano decoder e tv internazionali: trascorreva giorni, e soprattutto notti, a guardare partite dei campionati sudamericani sempre a caccia di un talento sconosciuto da portare in azzurro.
Quei cancelli sono stati sprangati nel 2004, l’anno drammatico del fallimento. Un giorno d’autunno, mentre il nuovo Napoli di De Laurentiis era già ripartito dalla serie C, arrivarono un paio di grosse auto e caricarono tutti i trofei conquistati dal Napoli per portarli via e venderli all’asta. Quel giorno c’era una piccola folla di tifosi ad aspettare, come se quello fosse il funerale del grande Napoli: il ricordo di un signore con i capelli bianchi, sciarpa azzurra al collo, che piangeva mentre le auto lasciavano Soccavo, è incancellabile.
Sulla proprietà di quella struttura si è scatenata una lunga battaglia legale. Per recuperare fondi e tentare di salvare la società, il Napoli gestito da Corbelli e Ferlaino lo vendette a due istituti bancari: lo avrebbe ricomprato versando una rata mensile. Quando a gestire i resti della società venne nominato un curatore fallimentare, fece partire una richiesta per cancellare quella vendita e acquisire il centro al patrimonio del Napoli.
L’abbandono definitivo del «Paradiso» risale alla fine del 2005 quando anche gli ultimi custodi furono costretti ad andare via. Fino al 2009 a fare la guardia agli spogliatoi e alle sale abbandonate, c’era Rocky, il cane lupo che gli ultimi calciatori azzurri avevano adottato: ogni tanto riceveva acqua e un po’ di cibo dalle persone dei dintorni; aveva deciso di vivere dentro la famosa vasca con l’idromassaggio tanto amata dai calciatori degli anni d’oro degli scudetti. Oggi anche il mite Rocky non c’è più, al suo posto un feroce pitbull.
Con il passare degli anni i vandali hanno dato una mano alla vegetazione che aveva già invaso ogni cosa. Le piante hanno riempito anche i piani superiori della struttura attraverso le finestre spaccate: non c’è più nulla dentro la camera al primo piano della foresteria, quella che Salvatore Bagni divideva con Ciro Ferrara la notte prima delle partite, quella che il «guerriero» del Napoli scudettato un paio di anni fa continuava a chiamare «la nostra stanza». A Bagni avevamo raccontato che il centro Paradiso era ridotto male e lui sbottò:

 

«Ma come, la nostra casa, il nostro rifugio».

Se vedesse com’è ridotto oggi gli verrebbe il magone.

La Redazione

A.S.

Fonte: Il Mattino

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