L’idillio tra De Laurentiis e Sarri, iniziato la sera prima con la passeggiata sotto braccio sul prato del Bernabeu, è ufficialmente finito dopo poco meno di 30 ore. Quando nel ventre dello stadio monumento di Madrid, il padrone del Napoli ha censurato con durezza, in pubblico, l’allenatore. Non è la prima volta che Aurelio De Laurentiis esprime il suo dissenso senza curarsi troppo delle conseguenze. Però in questo caso non si tratta di disquisizioni tattiche, suggerimenti o critiche. Ed è per questo che Sarri questa volta ci è rimasto assai male. «Si difendono le proprie posizioni mentre la posizione che va difesa è quella della società», dice De Laurentiis a Mediaset. Difficile trovare un attacco più duro anche perché fino ad adesso i rimbrotti presidenziali avevano sempre riguardato una scelta, un modulo, la gestione di una partita. Mai la linea-guida del tecnico, mai la sua condotta. Quello di De Laurentiis, secondo gli uomini a lui vicini, non era altro che uno sfogo. Che non voleva ferire Sarri. Il patron adesso ha voglia di far passare qualche giorno, far decantare il momento, per poi chiarirsi con il suo tecnico. E per far questo pensa di rientrare prima dagli Stati Uniti (è partito ieri), magari già la settimana di Roma-Napoli per poter incontrare il suo allenatore. Sarri ha voluto riascoltare con attenzione – e lo ha fatto nel cuore della notte quando era ancora nell’hotel Mirasierra – le parole del presidente. E non gli sono piaciute. Lo hanno ferito. Perché qui è diverso dalle altre volte. Il tecnico è amareggiato perché questi affondi li considera ingiusti, visto che arrivano nella notte del primo ko dal 29 ottobre a oggi. I due si sono incrociati in sala colazione ieri mattina a Madrid ma hanno evitato di chiarirsi. «Io ho investito dei soldi su alcuni calciatori e non saprò se ho fatto bene perché non giocano»: due erano titolari al Bernabeu, ha pensato Sarri e gli altri fanno il turnover regolarmente. Tranne Rog, è vero. Ma può giustificare il suo mancato impiego questo sfogo del numero uno del Napoli? La risposta, è no. Tutto questo non significa che Sarri ha perso la serenità. Aver visto i suoi pretoriani di ferro, Reina e Mertens, schierarsi senza indugio a sua protezione, lo hanno indotto a cancellare i cattivi pensieri. Già, perché il gruppo storico è cementato attorno al suo allenatore. È un tutt’uno, un blocco granitico. L’esperienza insegna che a questo tipo di esternazioni non segue necessariamente la rottura: l’esegesi di De Laurentiis contempla numerosi casi di prese di distanza momentanee e poi ritorni di fiamma. E anche in questo caso il suo desiderio è quello di tornare e chiarirsi. Le dimissioni di Sarri, che qualcuno ha considerato come una eventualità, non stanno né in cielo né in terra. E non sono mai state prese in considerazione dall’allenatore. Neppure per una frazione di secondo. Che poi a giugno debba scattare necessariamente l’esigenza di un nuovo incontro per parlare di progetti e di futuro (ma non di contratto, quello scade nel 2020) è cosa che appare scontata. Sarri non si sente scaricato da De Laurentiis, non crede che questo sia un modo per forzare la mano e convincerlo a far giocare quei giocatori che ancora sono ai margini. Ma le esternazioni del presidente hanno avuto effetto negativo sull’umore di Sarri. Molto più della sconfitta del Real. Ed è per questo che ha un volto cupo. Viaggia in aereo di ritorno da Madrid e chi lo incrocia lo vede diverso da solito. Un po’ triste, questa volta. Il dopo-partita di Madrid ha lasciato il segno: una bruciatura sulla pelle. Dolorosa. E forse indelebile. Più di tutte le altre volte in cui era stato al centro delle critiche del patron azzurro.
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