«Usano noi e la nostra protesta per nascondere alla popolazione problemi più gravi. Non è la prima volta».
Gigi Buffon, il capitano della Nazionale, va allo scontro. Dopo averci pensato a lungo, lo juventino decide di metterci la faccia, cosa da pochi tra i suoi colleghi. Anche rischiando di prendere una posizione impopolare sul braccio di ferro tra calciatori e società che ha portato alla serrata nel weekend in cui doveva iniziare il campionato di serie A. Il portiere non sopporta certe accuse alla categoria. Ne ha incassate tante, in passato. Stavolta, però, interviene. L’attacco è frontale. Obiettivo principale è la classe politica che avrebbe, secondo lui, strumentalizzato lo sciopero, d’accordo con la Lega calcio e quindi con i presidenti dei club. Accusa pure loro che hanno grandi responsabilità sulla crisi del movimento.
«C’era l’intento di rinviare la prima giornata. Le interviste di certi politici mi hanno fatto pensare, il sospetto è che dietro ci sia una volontà. Quando emergono i veri problemi del Paese e la politica litiga sulle riforme, basta sollevare un polverone attorno al calcio e la gente si distrae: in Italia il nostro sport è più importante della politica e questa è una cosa grave. Con tutti i problemi che il Paese ha oggi, credo che questo sciopero faccia comodo a qualcuno per buttare un po’ di fumo negli occhi alla gente. Il rinvio, dunque, è stato non dico voluto ma cercato»
Buffon più volte inquadra nel mirino chi governa l’Italia. La Lega non è più quella di Milano, ma la Lega Nord.
Gigi, tra i fondatori dell’altro sindacato (Anc, alternativo all’Aic), contesta anche i media, parla esplicitamente di cattiva informazione.
«Sembra scoppiata l’ottava guerra mondiale. Se si fa tutto questo macello attorno al calcio, per questa nazione non c’è un futuro roseo, anche perché esistono problemi molto più seri nella società in cui viviamo. Vogliono scaricare addosso a noi calciatori responsabilità più grandi di quelle che abbiamo. Il popolo è volubile e si fa condizionare dagli organi d’informazione che non scrivono sempre cose veritiere e oneste, ma spesso convenienti per chi ha voglia si spostare l’attenzione della gente dove più fa comodo. Per questo molti di noi stanno zitti, non si fidano. Io non ho ricevuto intimidazioni. Sono grande e provo sempre a dire la verità. Poi magari mandano in pensione anche me. Tra noi c’è unità. L’accordo era stato fatto, poi c’è stata un’incredibile retromarcia: abbiamo fatto una brutta figura sui dettagli. Ora si rischia lo sciopero a oltranza per una questione d’orgoglio».
Quando, invece, deve affrontare la questione dell’articolo 7 (sui fuori rosa), Buffon allarga le braccia e boccia chi sta dimostrando, ormai da tempo di non saper gestire i club.
«Ci siamo arenati per un problema che è il simbolo dell’incapacità di alcuni dirigenti. Se hai trenta o quaranta giocatori in rosa, vuol dire che non hai saputo gestire la situazione. E comunque, prima o poi, i contratti scadono. Quindi in due-tre anni tutto poteva o può essere risolto. Ci sono società che non hanno saputo programmare, cercando poi escamotage per non rispettare gli impegni. Dovremmo guardare all’estero come si fa…».
I calciatori, per gran parte dell’opinione pubblica, continuano a essere i bambini ricchi e viziati del Paese. Buffon garantisce che però sono cambiati:
«Anche se certi atteggiamenti non fanno bene alla nostra categoria, ricordo che molti giocatori sono ragazzi. E spesso imparano proprio dai loro errori».
La Redazione
A.S.
Fonte: Il Mattino
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