In Procura ci è rimasto per i tempi regolamentari, novanta minuti, una partita di calcio. Mario Balotelli ha mantenuto l’impegno preso con i pubblici ministeri dell’Anticamorra partenopea che lo avevano convocato come testimone nell’ambito dell’inchiesta sui presunti rapporti tra alcuni imprenditori della ristorazione e alcuni grossi esponenti della criminalità organizzata cittadina.
L’attaccante della Nazionale italiana e del Manchester City Mario Balotelli è giunto al Centro direzionale poco prima delle quattro del pomeriggio. Non era solo. Come aveva già fatto Ezequiel Lavezzi – il campione del Napoli pure ascoltato dagli inquirenti una settimana fa per chiarire alcuni aspetti che lo avrebbero legato a Marco Iorio, il patron della catena di ristoranti «Regina Margherita» finito in carcere con l’accusa di aver riciclato denaro sporco della camorra, ripulendolo in una serie di riusciti investimenti (i ristoranti, e alcune catene di paninoteche) – anche «Supermario» ha preferito farsi accompagnare da un avvocato di fiducia. Pur non essendo indagato nelle vicende per cui si procede.
Il faccia a faccia con i pm Sergio Amato ed Enrica Parascandolo è durato, come detto, circa un’ora e mezza. Domande serrate, e risposte precise e puntuali.
Top secret – com’era accaduto anche nel caso del «Pocho» – i contenuti dell’interrogatorio, anche se emergono alcuni particolari sul punto centrale di tutta la vicenda, e cioè la «trasferta» fatta nel quartiere di Scampia, dove l’attaccante si fece accompagnare da alcuni noti pregiudicati, gente legata ai clan della camorra dell’era settentrionale di Napoli. I pubblici ministeri Amato e Parascandalo lo hanno convocato come teste proprio per approfondire alcuni episodi al centro dei quali c’è Marco Iorio, principale indagato e amico dell’ex capo della Squadra mobile di Napoli, Vittorio Pisani, anch’egli indagato nell’ambito della stessa inchiesta, ma per altre vicende.
A lungo si è parlato, dunque, di quella passeggiata fatta tra le Vele di Scampia. L’episodio risale a oltre un anno fa, quando l’asso del Manchester City si fece accompagnare proprio da Marco Iorio e da alcuni esponenti della criminalità organizzata – tra cui l’attuale collaboratore di giustizia Biagio Esposito – a Scampia. Sul punto Balotelli ha detto di non essere mai stato a conoscenza del fatto che alcuni suoi accompagnatori fossero legati ai clan di camorra di Napoli. Ma avrebbe anche ammesso alcune circostanze importanti per l’accusa. Il calciatore ha ribadito anche di aver chiesto a Marco Iorio di portarlo nel quartiere di «Gomorra» perché era curioso di vedere da vicino i luoghi descritti dal libro di saviano e dal film di Garrone.
Eppure quel che sostengono i collaboratori di giustizia, ex appartenenti al gruppo degli scissionisti, è qualcosa di diverso: non solo Biagio Esposito, ma anche un altro pentito – Luca Menna – sostengono invece che a scortare Balotelli a Scampia furono presunti affiliati al clan Lo Russo, su esplicita richiesta (ma sarebbe meglio parlare di ordine) del figlio del boss Salvatore Lo Russo (oggi collaboratore), quell’Antonio Lo Russo oggi ricercato e latitante eccellente.
Ecco il punto che interessa ai pubblici ministeri napoletani: esisteva un rapporto tale da ipotizzare che Marco Iorio fosse in rapporti con la camorra? Esposito e Menna sul punto sono stati molto chiari: «Almeno fino al 2010, diversi soggetti del clan Lo Russo erano abituali frequentatori di una delle pizzerie del lungomare gestite da Iorio». Nessuna dichiarazione da parte di Balotelli all’uscita dagli uffici giudiziari. scortato da un agente della Dia e dall’avvocato-amico Vittorio Rigo, l’attaccante – che sfoggiava pantaloni verdi, felpa grigia e un paio scarpette gialle fosforescenti – si è allontanato in macchina verso Capodichino, destinazione Manchester.
La Redazione
A.S.
Fonte: Il Mattino
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