Tre campi di calcetto e uno di calcio regolamentare ricavati dal vallone dei Ponti Rossi. Uno dei polmoni verdi di Napoli non esiste più, e anche questo raccontano le carte dei fascicoli arrivati negli uffici della Procura Generale, sulla scrivania dei magistrati incaricati di dare esecuzione alle sentenze passate in giudicato che ordinano gli abbattimenti dei manufatti abusivi.
Il capoluogo campano e la sua provincia offrono un quadro di totale devastazione del territorio: e la storia del «Centro Keller» di via Ulderigo Masoni – dalla quale prende inizio oggi un’inchiesta del «Mattino» – può considerarsi a pieno titolo la parabola di un disastro annunciato. Già, perché per anni e anni chi doveva vedere non ha visto, chi aveva il dovere di controllare non ha svolto verifiche e molte, forse troppe colpevoli omissioni hanno contribuito a fare scempio di angoli incantevoli, resistiti per secoli all’assalto dell’uomo.
A cose purtroppo ormai fatte ci arriva la giustizia. Ma il danno – incalcolabile – è ormai fatto, almeno per quel che riguarda il mega-centro sportivo «Mariano Keller», che si trova appunto in via Uldarigo Masoni: una struttura nata dal nulla e – a quel che si legge dalle carte di un processo penale giunto alla sua sentenza definitiva – privo di alcuna licenza edilizia. A breve la Procura Generale, che con l’aggiunto Ugo Ricciardi sta stilando il calendario dei prossimi interventi di demolizione, vi manderà le ruspe per iniziare gli interventi di abbattimento. Per una restante parte residua, invece, il braccio di ferro giudiziario è ancora in corso: e anche in questo caso (ma qui è la Procura della Repubblica che al momento è competente a indagare) un magistrato – il pubblico ministero Milena Cortigiano – ha disposto che tra un paio di giorni la polizia giudiziaria si presenti ai cancelli degli impianti sportivi per apporre i sigilli.
Un fatto è certo: al di là di tutte le diatribe di legge, oltre 20mila metri quadrati di verde che impreziosivano il vallone che si trova tra Capodichino e l’Arenaccia non esistono più. Faggi, castagni e lecci, oltre al sottobosco di felci e altre rare specie botaniche, non potranno mai più tornare al loro posto. E dire che il centro, peraltro molto noto al punto da avere ospitato in questi ultimi anni prestigiosi tornei nazionali ed internazionali di calcetto, oltre che ad essere stato frequentato anche da un paio di noti calciatori di serie A, ha continuato a lavorare senza che nessuno si accorgesse della mancanza delle licenze di costruzione.
Assente il Comune di Napoli – almeno fino a quando, il 30 aprile di due anni fa, al «Keller» non si materializzarono i vigili urbani della sezione di Pg della Procura – ma assente pure la Sorpintendenza per i beni architettonici e paesaggistici di Napoli. Nessuno vide, nessuno denunciò nulla. E nella logica tipicamente italiana del lasciar correre-lasciar passare, tutto è filato liscio per anni.
Spiegano invece, quelle perizie consegnate alla Procura Generale presso la Corte d’Appello diretta da Vittorio Martusciello, che per realizzare il centro sportivo è stato sfigurato un paesaggio. Lo stesso dimostra l’istantanea che si può agevolmente scaricare da Google Maps, dalla quale si vede che laddove esisteva il vallone oggi ci sono tre campi di calcetto, uno di calcio (70 metri x 110 metri), e persino una pizzeria. Spiegano ancora, quelle perizie e quelle tre sentenze passate in giudicato, che la mano dell’uomo è intervenuta sversando tonnellate di cemento per riempire il vallone stesso. Alla faccia del rispetto delle leggi, dei regolamenti comunali, ma – soprattutto – di ogni dignitoso rispetto per la natura e per il bene comune.
Fonte: Il Mattino
La Redazione
M.V.
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