Non si era mai fermato prima d’ora. Neanche d’estate. Cavani aveva dovuto giocare sempre, senza un attimo di tregua. Anzi era stato costretto a sobbarcarsi un supplemento di impegni e stress non da poco: dopo la finale di Coppa Italia del 20 maggio, ecco le qualificazioni per i Mondiali, poi le Olimpiadi in Inghilterra, infine la Supercoppa Italiana a Pechino. Da fine maggio ad agosto, il Matador è sembrato come una trottola impazzita, sempre impegnato a giocare, a viaggiare, passando tra l’altro da un Continente all’altro: Europa -Sud America- di nuovo Europa – quindi Asia. Difficile trovare tempo da trascorrere in assoluto relax con il piccolo Bautista e la moglie Soledad. E da fine agosto ad ottobre, altro tour de force: campionato, di nuovo qualificazioni per i Mondiali, Europa League, ed ancora qualificazioni per Brasile 2014. Insomma, roba da forzati del calcio non certo da calciatori normali. Roba da superman. Logico che prima o poi dovesse accusare e pagare dazio. Cavani ha potuto usufruire solo di un breve permesso, quello concessogli da Mazzarri dopo il rientro dalla Cina. Pochissimi giorni, dal momento che il 26 agosto doveva essere già in campo a Palermo per la prima di campionato. E con lui si sono sacrificati moglie, figlio, procuratori. Altro che «Botija», come lo chiamavano da piccolo, il Matador è tutt’altro che fragile, capace di non fermarsi mai.
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