«Queste donne sono fantastiche. Molto più degli uomini, in questo momento. Sara Errani, Roberta Vinci, Francesca Schiavone e Flavia Pennetta dimostrano di essere giocatrici brillanti e piene di personalità». Parola di Lea Pericoli, la divina del tennis italiano, 78 anni e la stessa grazia di quando faceva scandalo a Wimbledon nel luglio del 1964 con le sue mutandine e il pigiama di pizzo, le piume di struzzo, il gonnellino di visone, la sottanina di diamanti, il gigantesco nodo di Chanel. Nulla era troppo osè. Tutto era indossato con intelligenza e grazia. È a Napoli per la Coppa Davis.
La sfida con il Cile la emoziona?
«Non mi diverte tantissimo. Ma la colpa non è dei nostri, quando c’è una simile differenza di valori in campo si fa fatica a trovare il ritmo giusto e le motivazioni per tutto il match».
La Davis conserva un fascino magico?
«Ogni volta che si gioca, la Federazione mette in vetrina la copia dell’Insalatiera d’argento vinta nel ’76. L’ho vista spesso, ma ogni volta mi emoziona sempre a ripensare al successo di Panatta e degli altri azzurri».
Ora i valori sono diversi: per avere un’Italia che vince bisogna aspettare la Fed Cup?
«Sara e Roberta hanno tirato fuori un’arte antica, un modo di giocare diverso dal tradizionale ”picchia-picchia” forsennato imposto dal tennis moderno giocato dai plotoni delle russe e da tutte queste donne che scendono in campo senza arte picchiando soltanto».
Potrebbero dare qualche lezione anche ai colleghi maschi?
«Ma no, loro sono bravi e non è giusto stare lì sempre a fare paragoni. Però di sicuro la palla corta di Sara e la costanza di Roberta sono due elementi che in molti dei nostri ragazzi potrebbe studiare».
I successi delle donne, però, non sono neppure sfiorati dalle imprese degli uomini?
«Senza dubbio la vittoria nel doppio agli Us Open, i trionfi della Errani e della Vinci sono dei risultati straordinari che non proprio tutti si aspettavano. Lasciando perdere il fatto che queste due geniali ragazze siano riuscite ad andare così avanti, questa è la rivalsa del tennis giocato secondo un’arte antica. Qui c’è il trionfo della genialità».
Poi lei da una vita ripete che la palla corta è un colpo importantissima?
«Loro hanno dimostrato che la sanno fare bene. Giocano un tennis che ricorda quello di un tempo, ovviamente è più veloce e dinamico, però è la riprova che si può giocare in un altro modo».
Napoli e il tennis, un matrimonio riuscito?
«Perfettamente. Io tante volte da giovane venivo qui a giocare e ho sempre ammirato il calore e la voglia di vivere di queste persone meravigliose. Oltre alla grande competenza che regna nei circoli dove si insegna al tennis. Poi questo stadio a ridosso del mare toglie il fiato, quasi emoziona».
Prima o poi l’Italia giocherà un’altra finale di Davis?
«Succederà. Perché questo è un gruppo di ottimi giocatori. Ovvio che il campione è una questione di Dna e di fortuna, ma la squadra ha i numeri per poter puntare a qualcosa in più di uno spareggio playoff».
Sono tutti ottimisti, dicono che succederà presto?
«Ne sono convinta anche io. Intanto godiamoci le nostre affermazioni nella Fed Cup: è bello vincere anche lì. Molto bello».
Fonte: Il Mattino
La Redazione
M.V.
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