Se i fatti avranno la meglio sulle chiacchiere, oggi sarà una giornata da consegnare alla storia dello sport italiano: il governo presenterà un emendamento inserito nella legge di stabilità per risolvere la questione della normativa sugli stadi e per smuovere uno stallo interminabile. È la legge attesa (invano) da quasi quattro anni. La conferma arriva dal ministro dell’Interno, Angelino Alfano, pochi giorni dopo l’annuncio fatto dal premier Enrico Letta al Coni. In realtà Alfano, ieri ospite dell’assemblea generale della Lega, davanti ad Aurelio De Laurentiis e a tutti gli altri presidenti di serie A (c’erano anche Thohir e Pallotta), ha parlato di impiantistica sportiva in generale (quindi anche palazzetti e piscine) ma è chiaro che il core business saranno proprio gli stadi. «Il governo presenterà un emendamento alla legge di stabilità che sarà una vera e propria rivoluzione che si baserà su tre punti: la possibilità di realizzare nuovi impianti sportivi con capitali privati; la sburocratizzazione che impedisce la realizzazione degli stadi da parte dei privati, con il taglio di lacci e lacciuoli; infine, la possibilità di aprire all’interno di questi nuovi impianti delle attività commerciali». Musica per le orecchie del presidente del Napoli. Poche parole che sembrano ovvie. Ma che di ovvio hanno pochissimo. Perché, se tutto andrà bene, metteranno la parola fine a un iter burocratico interminabile. Dopo l’infausto epilogo di quella legata ai precedenti governi Berlusconi e Monti.
La filosofia del governo è stata illustrata ieri dal vice premier Alfano: «L’idea è quella di costruire impianti moderni, con attività collaterali che diano alle famiglie la possibilità di andare alle partite come a teatro, magari arrivando allo stadio due ore prima e andandosene un paio d’ore dopo. Intendiamo ammodernare le strutture sportive del Paese, mobilitando capitali privati». La parola-chiave è crescita. Ciò che insegue il Paese, stretto nella morsa della recessione, e ora pure il fenomeno di massa più rappresentativo: il calcio.
Alfano ha un modello nella mente: quello inglese. E più precisamente, l’ultimo gioiello che è lo stadio da 100 milioni del Brighton & Hove Albion. Non ampissimo (30mila posti) ma assai accogliente. «Un luogo dove trascorrere una giornata intera, non solo vedere la partita. E per farlo, occorre che Stato e società di gestione facciano squadra». Il Napoli attende di conoscere il contenuto dell’emendamento prima di dire la sua: vuole capire se i club avranno una prelazione o una priorità nella presentazione dei progetti di restyling o di realizzazione ex novo dei nuovi impianti che «dovranno rimanere aperti sette giorni». La settimana scorsa c’è stata l’audizione nella commissione sport del Comune del presidente azzurro. Per il sindaco de Magistris la priorità è sanare le pendenze economiche e finanziarie fra club e il Comune, e solo dopo mettere mano al progetto per ricostruire lo stadio. Secondo il patron del Napoli, la transazione tra società e Comune è bloccata perché pende un pignoramento di 3,8 milioni. De Laurentiis vuole una proroga della convenzione che scade a giugno 2014, in attesa della legge sugli stadi. A questo punto, è la svolta per il nuovo San Paolo. Il governo spiega che l’emendamento permetterà di superare rischi di incostituzionalità di un decreto legge e che brucerà i tempi per la sua entrata in vigore. L’obiettivo è ridurre a un anno i tempi per le procedure organizzative. L’auspicio del premier Enrico Letta è che il primo gennaio ci sia «un quadro normativo per investimenti e ammodernamenti, con strutture che vanno usate tutti i giorni e senza barriere». «Sarà un punto fondamentale per il futuro del calcio italiano», ha spiegato al termine della giornata il presidente della Lega calcio Maurizio Beretta.
Fonte: Il Mattino
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