E ora, cosa si fa? La domanda sorge spontanea ed accresce la sudorazione: l’afa, i trantacinque gradi e l’umidità e poi quest’ondata d’aria calda che arriva da New York, uno sbuffo percettibile ancorché educato, però comunque travolgente: «Vorrei giocare, altrimenti….» . Meditare, gente, meditare: perché quei dodici milioni di euro che galleggiano nell’aria meritano riflessioni prolungati, da passare al setaccio aspettando Eduardo Vargas per chiedergli cosa pensa di fare da grande e come e dove, per rispettarne il talento e preservarne l’investimento massiccio dell’inverno scorso.
New York è dall’altra parte di Castelvolturno e quando Ecuador-Cile sta facendo scorrere i titoli di coda, a Eduardo Vargas viene in testa un’idea meravigliosa: confessare con una battuta al volo a radio Adn e dunque all’etere e quindi al mondo, il suo innanzitutto, e di conseguenza al Napoli, le sue umanissime aspirazioni. Un filo di voce, quanto basta per farne un’eco, e indurre a prolungate analisi nei tredici giorni che restano di mercato. «A me piacerebbe giocare, vorrei soltanto giocare. E se non sarà possibile farlo, allora chiederò di andar da qualche parte in prestito. Stiamo parlando con la società per decidere cosa fare».
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