NAPOLI – La magìa è in quell’espressione finalmente lieve, nalla percezione d’essere un altro, nella capacità di ritrovarsi, di sentire se stesso, non solo la gamba ma anche la autostima di cui si era persa la traccia. La magia è nell’avvertire intorno a sé la fiducia, pure quando è panchina, nell’accorgersi che Federico Fernandez esiste, non è soltanto un numero o un interrogativo o forse il nulla rappresentato dalle 28 presenze in due stagioni (con dentro pure il prestito al Getafe), ma ch’è un calciatore autentico, raffinato o essenziale, comunque un essere umano sul quale puntare per trentatré partite, lasciandolo decollare verso il Brasile con la sua Argentina. «Abbiamo reagito da Grande. E questi sono tre punti importanti». Un tweet è uno stato d’animo, non semplicemente centoquaranta caratteri da inviare nell’universo: ma è sensazione di libertà (d’espressione), è desiderio di cinguettare affinché si colga quel benessere che ormai l’avvolge da quando ha capito d’esistere.
LUI C’E’ – La domanda, oziosa, ha smesso d’aggirarsi nell’aria e di sorgere spontanea: però c’era da chiedersi, eh sì, perché mai il titolare della Nazionale argentina non riuscisse ad avere un ruolo, quasi una dignità, nel Napoli. E però qualcosa pure gli era venuto in mente: per esempio una doppietta all’Allianz Arena, in casa del Bayern Monaco dunque, il tentativo estremo di riaprire una partita. I conti: ventotto partite – vabbé, le chiamaremo tali – in un anno e mezzo, poi la scelta di disfarsene nel gennaio del 2013, lasciando che andasse in Spagna a cercar fortuna. La svolta è adesso, nel primo Rafa partenopeo, nelle gerarchie scalate avendo intuito ch’era un’altra storia…
IL DUELLO – All’inizio, al fianco di Albiol, c’è Britos: perché è mancino, perché è reattivo, perché è piaciuto a Benitez – in ritiro – perché ha fisico e altro ancora, e fino alla quinta non c’è Fernandez per il Napoli, se non attraverso la pura legge del turn-over: ma con il Torino, 27 ottobre, il trend cambia e la formazione pure e da quel dì, miracolo, non ce n’è per nessuno. Dentro Fernandez e fuori ogni preoccupazione, magari pure gli antichi pregiudizi d’uno stadio che pure ieri s’è accorto del mutamento sostanziale: è cambiato, cambiando la partita difensiva. «Sono contento per Higuain, ma adesso avanti così…». Ma eccolo là il Fernandez rinnovato, sa di essere al centro del progetto, sa di avere la stima dell’allenatore, sa che può ancora andare in panchina, però quando Albiol mostra cedimenti (per l’influenza) lui si sistema nel bel mezzo della retroguardia, chiude per quel che può e per quel che deve, mette i cerotti ai traffi altrui, prova a tenere su anche Britos: qualcosa deve essere successo, da un anno all’altro, forse una magia.
TOURNEE’ – Magie dell’Asia o dell’America o dell’Australia, che a un certo punto è parsa la mèta: magia di una estate da accorciare, perché altrimenti dal 18 maggio (ultima di campionato) al 17 luglio (inizio ritiro) sarà inattività. Magia: si parte, anzi no, per una tournée che rimane sulla carta; poteva essere tra la Cina e New York, è spuntata Adelaide con due date, s’è pensato pure a qualche prestito (Andujar) e poi, ieri sera, s’è (quasi) deciso di soprassedere. Tempi troppo stretti per organizzarsi e magari se ne riparlerà nell’estate prossima. A meno che non capiti un’altra magia…
Fonte: Corriere dello Sport
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