Il Corriere del Mezzogiorno si è interrogato su alcune parole dell’allenatore del Napoli, Luciano Spalletti, dopo il pareggio contro la Roma: “Domanda numero uno: perché pubblicizzare questa diversità di vedute, atteso che le scelte tecniche sono insindacabili? Nessuno più dell’allenatore sa cosa vuole dalla partita, se la scelta cosiddetta conservativa (coprirsi e rinunciare sia a Insigne che Osimhen mentre la Roma attaccava e il Napoli non riusciva a tenere palla) sia stata necessaria e non tattica. Può aver sbagliato, certo (Mertens da solo nel deserto non ha giovato a niente e a nessuno) ma il tema della gara, così come era stato preparato, gli era venuto meno dall’uscita di Lobotka. E da lì, come è successo in altre occasioni, Spalletti si è mosso sul filo dell’equilibrio. Fabian Ruiz non è un play, e non lo è neanche Demme. Che fare? Provare a mettere toppe, nel tentativo (quasi) disperato di portare a casa una vittoria importantissima. Non gli è riuscito, e sono partiti i processi. Una reazione sicuramente di pancia (‘andatevi a lamentare con lui che pure brontola’) sintomo però di un malessere magari anche lieve che evidentemente esiste. Il presidente del Napoli storicamente non si è mai intromesso fra tecnico e campo, lo avrà fatto ma parlando con lui al bar sport. Spalletti dosa forze ed energie da mesi, sa evidentemente che la sua squadra non ne ha più. E sa che esiste un problema di sovraccarico anche mentale. Le sue scelte hanno sempre una logica. La logica dell’allenatore a cui nessuno a inizio stagione avrebbe chiesto lo scudetto. I cambi hanno dato punti e forse ne hanno tolti. Sempre in equilibrio, appunto”.
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