Per il Carpi la Serie A ha il sapore di un’impresa, di una favola a lieto fine realizzatasi nel migliore dei modi. Poi però la realtà può essere diversa, la A non è la B, e i problemi aumentano. Giocare le prime partite in A per il Carpi è stato un po’ come svegliarsi da un bel sogno, proprio nel momento clou. Svegliarsi e capire che la realtà è molto diversa. La A è bella, tanto bella. Giochi contro grandi campioni, in stadi prestigiosi, in grandi città. Soprattutto se per te è la prima volta, giochi uno stadio di circa 21mila posti e rappresenti una città di 70mila abitanti, sei sopraffatto dall’entusiasmo, che, però, è chiamato a scontrarsi con il realismo.
La favola del Carpi, della piccola provinciale salita alla ribalta, non è in ogni caso una novità. In passato anche altre squadre avevano provato a toccare il cielo con un dito. Salvo presto bruciarsi le ali di cera come il Povero Icaro. Il caso cronologicamente più recente è quello del Treviso. Nel 2005/06, complice la retrocessione d’ufficio del Genoa nell’allora Serie C, il Treviso si ritrovò catapultato incredibilmente in massima serie. Un impatto traumatico visto e considerato che i veneti lasciarono il massimo campionato dopo soltanto un anno di permanenza dopo aver racimolato solo 3 vittorie e 21 punti. Paradossalmente il Treviso, per breve periodo e a causa dello scandalo Calciopoli, rischiò di vedere annullata questa retrocessione, ma le successive sentenze condannarono i biancazzurri alla conferma della retrocessione sul campo e indirettamente al successivo fallimento.
Analoga situazione fu vissuta a Pistoia. All’inizio degli anni ’80 la Pistoiese ottenne la sua prima (e fino ad ora unica) promozione in Serie A. Grande entusiasmo accompagnò l’estate degli arancioni, con una campagna acquisti sulla carta di buon livello. Solo che, alla prova del campo, la Pistoiese chiuse all’ultimo posto, senza mai dare l’impressione di poter lottare veramente per la salvezza. In quella Pistoiese militarono comunque Marcello Lippi e Andrea Agostinelli, oltre al tragicomico Danuello, calciatore brasiliano di belle speranze che, le leggende metropolitane di Pistoia raccontano, finì a vendere gelati allo stadio secondo alcuni o su un set porno secondo altri.
Non si tratta di apparizioni uniche, ma anche Ancona e Salernitana, in tempi recenti, hanno prima miracolosamente ottenuto la promozione e poi si sono trovate, esattamente un anno dopo, di nuovo in cadetteria. I campani, pur militando quasi sempre tra Serie C e Serie B, ottennero due storiche promozioni, la prima nel ’47 la seconda nel ’98. Entrambe le volte l’annata si concluse con una scontata retrocessione. Idem per l’Ancona che nel 92/93 e nel 2003/04 non è riuscita a costruire una squadra in grado di salvarsi. Ma se per la Salernitana possiamo parlare di un collettivo di buon livello (c’erano, tre gli altri, Gattuso, Di Vaio, Marco Rossi), che lottò fino alla fine per la salvezza, ad Ancona si finì per puntare su una squadra non all’altezza per il valore della categoria.
Ma il calcio non è fatto solo di matricole pronte ad essere sacrificate sull’altare della Serie A. Tra gli anni ’70 e ’80 Avellino e Catanzaro furono due belle favole, anche abbastanza duratura. O più recentemente il Foggia di Zeman, in grado di rivoluzionare il concetto stesso di gioco del calcio, o il Piacenza “degli italiani” e (anche se con i dovuti distinguo) il Sassuolo.
Insomma la strada per il Carpi è tutt’altro che segnata. A patto di capire che il sogno promozione è già finito… ora c’è la realtà della Serie A
Servizio a cura di Giancarlo Di Stadio
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