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Il «bomber» Grassani: «Quanto coraggio per vincere in aula»

Il retroscena: «Il presidente non avrebbe mai patteggiato, difende la sua società pulita»

Un «principe del diritto» per consentire al Napoli di riuscire in quello che, prima d’ora, pochi altri club erano riusciti a fare: ribaltare completamente una sentenza della Disciplinare già in Corte di giustizia federale. Prima ancora di arrivare in campo neutro, al Tnas, ovvero dinnanzi all’arbitrato del Coni dove di solito lo sconto della pena è cosa molto più normale. Se non quasi automatica. Mattia Grassani, classe 1965, emiliano nato a Fidenza e con lo studio professionale a Bologna, è l’avvocato del club azzurro dall’estate del 2005. Grassani il giorno dopo tira un sospiro profondo e racconta: «La scelta di non patteggiare davanti alla Disciplinare ha rappresentato un passaggio fondamentale, perché, in caso di accordo con la Procura federale, l’appello non avrebbe visto il Napoli in aula, con definitività della sanzione irrogata in primo grado. Va, peraltro, precisato che una soluzione del genere non è mai stata presa in considerazione dalla proprietà, perché solo l’idea di patteggiare una pena offendeva il presidente che non si è mai voluto piegare a logiche di compromesso. Conosco bene Aurelio De Laurentiis, è un uomo tutto di un pezzo, è sempre stato determinato ad andare sino in fondo e questa strategia ha pagato, anche se non è stato facile».
Cosa ha di innovativo l’assoluzione del Napoli? «Più che di innovazione, parlerei della forza intrinseca di una pronuncia che, di fatto, ha ribaltato un verdetto di primo grado pesantissimo per la società azzurra, di elevato impatto sul campionato in corso, che portava con sé una profonda menomazione, non solo della classifica ma anche del potenziale tecnico del Napoli. Le pressioni erano enormi e non deve essere stato facile, per i giudici, assumere la decisione».
Grassani sa che la sentenza di giovedì è di fatto epocale. Spiega: «Attendiamo prima la pubblicazione delle motivazioni, entro 30 giorni. Possiamo, però, già anticipare che in tema di valutazione della prova, in particolare relativamente alla credibilità dei cosidetti pentiti, qualcosa stia cambiando e l’accusa, per chiedere ed ottenere la condanna dei deferiti, non potrà più basarsi esclusivamente sul loro contributo, a meno che questo non sia univoco, concordante ed autosufficiente a supportare l’azione disciplinare. Elementi, questi, che in appello sono completamente venuti meno per quanto attiene al presunto illecito di Sampdoria-Napoli».
È una sentenza definitiva perché né Palazzi né la Figc possono impugnarla. Svela, l’avvocato Grassani, anche la teoria difensiva del Napoli: «Non abbiamo voluto minimizzare il fenomeno delle scommesse, legato indissolubilmente alla frode sportiva. Per questo il riferimento a Donnie Brasco, seppur al contrario e con risultati opposti, è stato ritenuto opportuno per rendere l’idea dell’habitat nel quale operavano le conoscenze di Gianello ed i rapporti promiscui. L’idea è venuta al un mio più stretto collaboratore, l’avvocato Federico Menichini».
È felice, e non lo nasconde. «La delicatezza della questione dibattuta, gli interessi in palio e l’attesa spasmodica che si era creata attorno al verdetto rendono ancora più gratificante l’esito finale. Però, se posso ricordare un altro caso, che mi ha dato molta soddisfazione, il verdetto del Tas di Losanna che riabilitò, a 24 ore dall’incontro di ritorno con il Chelsea, Mazzarri, consentendogli di scendere in panchina».
Difende il Napoli, senza pausa dall’estate del 2005: «Ricevetti, allo studio di Bologna, una telefonata, alla quale risposi personalmente perché le segretarie erano già andate tutte a casa. Era Aurelio De Laurentiis, il quale, premettendo che aveva sentito parlare di me, mi chiese di incontrarlo a Roma, presso gli uffici della FilmAuro. Da allora il connubio non si è più interrotto. Con lui ho un rapporto franco, diretto e basato sulla reciproca disponibilità. Di ogni aspetto relativo alla vita societaria il presidente vuole conoscere le dinamiche e si confronta direttamente con me, negli ambiti di mia competenza. Senza limiti orari o di festività comandate. In sostanza, una bellissima avventura iniziata praticamente per caso che si è consolidata nel corso del tempo: ma c’è un’ottima sinergia con l’intero staff della società in particolare con l’amministratore delegato, Andrea Chiavelli, professionista con la P maiuscola».
Si è specializzato in diritto sportivo alla fine degli anni 80 «quando era una materia piuttosto pioneristica», una passione per il calcio e un tifo giovanile per il Bologna. «Però a pallone ho giocato sempre e solo sfide tra scapoli e ammogliati. Ma, ultimamente, le emozioni che regala il Napoli mi stanno conquistando. Il mio primogenito, però, tifa Napoli e ha la maglia n. 11, autografata da Cristian Maggio. Insieme abbiamo visto le due sfide con il Chelsea».

Fonte: Il Mattino

La Redazione

P.S.

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