Il gesto più bello che un compagno, un capitano, possa fare: lasciare la medaglia e consegnarla a chi era rimasto in disparte, a chi -arrivato da pochi mesi a Formello- aveva deciso di lasciare la scena ai protagonisti. Storie di un derby che rimarrà impresso a fuoco nella storia di Roma. Storie di una Coppa Italia alzata al cielo da chi, infangato, ora gioisce con il cuore colmo di un senso di appagante rivincita. Sono da poco passate le ore 20 di domenica 26 maggio, la Lazio festeggia, è sul palco allestito ai piedi della Tribuna Autorità, i giocatori sfilano uno a uno per ricevere la medaglia d’oro, sono inebriati dalla gioia di aver scritto il proprio nome nella leggenda. Candreva, Klose, Hernanes, Marchetti, ci sono tutti. Il gruppo è al completo, manca solo Mauri. E’ lui l’ultimo della fila, l’ultimo al quale verrà consegnata la medaglia. Succede qualcosa. Però. Ciani parla con André Dias, discutono in maniera fitta, si allontanano dal palco e s’infilano nella selva di fotografi davanti a loro, prendono per mano Louis Saha e lo trascinano sul palco. L’attaccante, infortunato e quindi non convocato per il derby, aveva deciso di rimanere in disparte, di non prendersi la scena, preferendo guardare dal campo la premiazione. Ma la Lazio è un gruppo solido, è una squadra e la festa deve essere di tutti. Mauri, intanto, è davanti a Maurizio Beretta, sta per ricevere la medaglia, con la coda dell’occhio nota la scena e chiama a gran voce Ciani: “Mikah! fai venire Louis, deve prendere la medaglia”. Questo il messaggio del capitano ricevuto forte e chiaro dal difensore. Saha viene spinto sulla passerella, riceve la medaglia d’oro da Beretta, ha gli occhi lucidi, è commosso, non si aspettava un gesto simile. Mauri ha lo sguardo fiero, orgoglioso di essere parte di una squadra. Alza la Coppa Italia al cielo e fa esplodere di gioia ogni Laziale presente allo Stadio Olimpico. E’ stata ancora una volta la partita di Mauri. E’ entrato, ha ispirato l’azione del vantaggio duettando con Candreva. Ha giocato con la calma dei forti, è entrato in campo dopo tre mesi senza calcio, si è fatto trovare pronto. Poteva anche segnare, ha sciupato un’occasione nel finale, avrebbe siglato il suo terzo gol nel derby. Poco male. La Lazio ha vinto. Ha vinto Mauri, silenziando coloro che troppo spesso si dimenticano del concetto di garantismo. Mezzora in campo, mezzora per far male ai rivali, abbastanza per mettere la propria impronta su una vittoria storica. Mezzora di livello, piazzato tra le linee romaniste a dettare il gioco, a ispirare gli inserimenti di Candreva e Lulic. Mezzora per far crescere i rimpianti di tre mesi senza Mauri. Forse, con un giocatore tanto prezioso a disposizione, qualcosa sarebbe cambiato. Forse. Ma poco importa ormai. La Lazio ha vinto e ha vinto Mauri. Ha trionfato il gruppo e il concetto di squadra. Ha vinto l’unione d’intenti, l’identificarsi con un popolo che durante la settimana di avvicinamento al derby non aveva affisso striscioni intimidatori, ma promesso sostegno incondizionato durante la gara e immortalità in caso di vittoria. Così è stato. Questa Lazio è leggenda. E’ padrona di Roma.
Fonte: lalaziosiamonoi.it
La redazione
F.G.
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