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Il bagnante che paga multe per prendere il sole è l’ultimo duca siciliano

«Sono un uomo libero e voglio continuare a fare ciò che voglio» ha detto il 62enne imprenditore

L’elicottero incredibilmente sospeso sulla sua testa, l’azzurro indicibile del mare del golfo di Mondello, Capo Gallo con il suo biancheggiante Hotel “La Torre” a fare da sfondo, quinta e fondale, e infine lui che lentamente, passo da hidalgo munito di telo di spugna celeste si allontana, infastidito, con incedere degno di chi trovi inaccettabile che non si possa star lì, in spiaggia, a Mondello, tra il “Baretto” e i circoli “Albaria”, “Il Clubino del Mare”, “Roggero di Lauria” e “della Vela”, quest’ultimo riservato a chi abbia quarti sicuri di nobiltà, Palermo non ha mai dimenticato d’essere stata capitale di vicereame.

Osservando ancora meglio quel passo lento, non è neppure escluso che l’uomo non stia altrettanto rimpiangendo i gusti del citato baretto, al momento serrato: anguria, crema panna, gelsi neri, biscottino, sapori da brioche, e anche la panna, inaudita nel suo sapore. Sembra che l’uomo, a dirla tutta, piuttosto che un semplice contravventore alle norme in tempi di epidemia, voglia seguire le orme degli orgogliosi paladini di Francia.

La notizia, accompagnata da un inenarrabile filmato, è di giorni fa, ma l’uomo riesce a fare ancora mostra di sé, dunque il video di lui che prende il sole in una Mondello-Valdesi deserta, l’elicottero dei carabinieri giunto appositamente per allontanarlo, è da antologia. Solo quando il mezzo si abbassa e solleva la sabbia il nostro recede.

Mondello, lo si sappia, è il sogno estivo dei palermitani, con le sue “capanne”, i suoi cortili, cabine di tradizione familiare, tramandate nell’affitto da decenni, poco male che nel frattempo, proprio dove l’uomo prendeva il sole, sia giunta la spiaggia attrezzata, lettini sdraio e ombrelloni destinati all’affitto quotidiano, certamente non ora che il covid-19 ha paralizzato perfino l’estate anticipata di Mondello, sfondo da sempre d’ogni telegiornale che voglia raccontare il prodigio dei primi bagnanti fuori stagione. Quanto alle “capanne”, taluni le arredano come si trattasse del palazzo del principe di Lampedusa.

Ma ecco il nostro. «È inutile, ormai il coronavirus è stato sconfitto», così l’uomo già cacciato dal velivolo dell’Arma, davanti al cancello della sua villa a Passo di Rigano, terra di mafia. Lui è Domenico Finazzo, ex imprenditore, 62 anni. Le cronache locali lo descrivono come . «un recordman delle sanzioni: in cinque giorni ne ha collezionate cinque da 300 e passa euro l’una». Finazzo oppone le proprie ragioni, «viso abbronzato», così pronuncia, «non voglio rinunciare al mare e al sole».

È tutta un’esagerazione. Non aderisco a prescrizioni assurde. Pago ma non mi piego a queste regole». Quando la cronista di “Repubblica-Palermo”, Romina Marceca, ipotizza lo spettro del contagio e della rianimazione, la sagoma ante-liberty di Villa Sofia, proverbiale nosocomio della “zona dei Colli”, già tra le residenze della famiglia Florio, Domenico dà il meglio del proprio massiccio orgoglio: «Io? Mi ha guardato bene? Sto benissimo, sono immune a quel morbo. Il virus non mi attacca. Sono un uomo libero e voglio continuare a fare ciò che voglio. Quando guardo il mare mi rilasso».

La cronista Romina cerca allora di toccare il suo altruismo, accennando ai caduti per colpa del virus, e qui Finazzo sembra accompagnare ogni parola con una mano sul cuore: «Grande rispetto per le vittime e anche per la legge. Infatti, io pagherò quanto devo. Non mi sono mai ribellato alle forze dell’ordine. Ho sempre detto di scrivere, tanto sarei tornato comunque al mare il giorno dopo. Sono sereno, non voglio offendere nessuno col mio atteggiamento. Semplicemente la penso diversamente».

In quel suo “scrivere” c’è tutto, sembra quasi di sentirlo mentre obietta alla forza pubblica che lo intima dall’alto: «E lei non si preoccupi, lei scriva, scriva…». Mai un dubbio: «Sono stato costretto ad andare via avvolto nel mio telo da mare per difendermi dal vortice di sabbia provocato dalle eliche dell’elicottero».

Sia detto per inciso, era già la terza sanzione, «mi avevano trovato sulla stessa spiaggia nei due giorni precedenti. Quello è il mio punto preferito da vent’anni. La quarta l’ho presa il giorno successivo e la quinta mentre ero in auto, sempre per andare al mare». Qui, in sottofondo, ci starebbe bene Charles Trenet: “La mer au ciel d’été…”. Palermo infatti ha consuetudine con i Francesi, gli Angioini, dal tempo della rivolta dei Vespri del Lunedì dell’Angelo nel 1282; oppure, perché no, “Un’estate al mare” della concittadina Giuseppa Romeo in arte Giuni Russo.

Finazzo Domenico assicura poterselo permettere: «Vivo di rendita». Anima dionisiaca sa che «la piscina, il cemento, sono un’altra cosa. A me piace la sabbia e il mare». Il futuro non è però ipotecato. E domani? «Deciderò appena sveglio. Il sole guida le mie scelte». Sembra di intuire il sottotesto implicito di questa sua ostentata seraficità, sia in presenza dell’elicottero dei Carabinieri sia delle domande legittime della stampa: «Chi scassamentu ‘i minchia!». Puro orgoglio sicano, posto che i siculi risiedono dall’altra parte dell’Isola.

Osservata sotto il profilo psicologico, caratteriale, questa vicenda, forse irriproducibile in queste sue esatte forme in un altrove geografico, rimanda alla tenacia del duca Giuseppe Avarna di Gualtieri, l’uomo che si innamorò della giovane Tava Daetz. Lei, riferivano le cronache, «è un’assistente di volo della compagnia Pan Am, ha 26 anni, è americana (nativa dell’Oregon), ha occhi bellissimi dai colori cangianti tra il verde e il celeste, capelli castani scuri, un sorriso luminoso, un corpo slanciato, gambe lunghissime».

Il duca farà rintoccare le campane a coronamento della passione, perché tutto il paese sapesse, ma soprattutto affinché della notte di sesso venisse a conoscenza l’ex consorte, nobildonna appartenente a un’agiata famiglia di costruttori romani imparentata con Claretta Petacci, che viveva con i loro figli nel castello, diversamente dal duca confinato nella modesta cappella.

Erano gli anni ’70. Anche il pretore di Milazzo, cui si rivolse la moglie denunciando “schiamazzi notturni che turbavano la quiete pubblica”, sposò la tesi malevola e condannò il duca a una ammenda, con tanta di pubblicazione del responso sulla “Gazzetta del Sud”. Quando la Sicilia ci si mette, non ce n’è per nessuno. In linea di successione caratteriale Finazzo Domenico giunge direttamente dall’orgoglio dei duchi.

linkiesta.it

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