I conti tornano e però l’amarezza resta: tre reti in campionato (quasi quattro) e pure tre assist (quasi quattro), ma quando Insigne lo lancia a campo aperto, l’idea è quella di riuscire ad essere se stesso, il cecchino implacabile, il capocannoniere del Napoli ante-Cavani. Hamsik corre, fila verso la gloria e poi, dopo aver saltato Gillet, s’accorge che il pallone ha preso una strana direzione: deve chiudere da posizione complicata, non trova la porta ma l’esterno della rete. La maledizione di Hamsik continua e la faccia, chiaramente triste, esprime appieno la delusione per un pareggio che toglie entusiasmo nell’ambiente ma non nello slovacco, che sa come si riparte, subito, lasciandosi alle spalle il momento-no.
UN CASO – I numeri non mentono mai e Hamsik ha una media impareggiabile per un centrocampista: nove reti in campionato nella sua prima stagione napoletana (più una in coppa Italia); nove reti nella seconda (più un’altra in coppa Italia e due in Europa); 12 reti nella terza; undici nella quarta (e due in Europa); altri nove nella quinta (con una in coppa Italia e due in Champions). Dunque, sembra in doppia cifra, come neanche un centravanti. Hamsik incide nella manovra offensiva e difensiva del Napoli, ha la capacità di cambiare la partita e per poco, un niente, non ci riesce anche contro il Torino: intanto, contribuisce al vantaggio, andando a rendere viva una palla apparentemente inutile da fallo laterale; la governa, la addomestica, salta due uomini, la mette in mezzo, dove Gillet smanaccia e Cavani interviene per il tap-in. Ma poi, quarantunesimo minuto del secondo tempo, ha una di quelle opportunità che piacciono a lui, con la cresta che può fendere l’aria: lui fa tutto bene, fino a quando le energie lo assistano. Poi, la fatica del contropiede emerge in tutta la sua intierezza.
IL PRECEDENTE – E’ un periodaccio per il napoli e lo è anche per Hamsik, che in quattro giorni scopre strozzata la gioia del gol proprio all’ultimo istante: perché anche a Bergamo, e sempre dopo un rapidissimo uno-due con Insigne, gli capita una di quelle chanches che il tuttofare dell’Est saprebbe altrimenti capitalizzare. E’ nello stretto, si cerca e si trova con lo scugnizzo di Frattamaggiore, salta nello stretto – come lui sa fare – Stendardo, però arriva troppo sotto a Consigli e non ha né lo spazio per cercare un complicato «cucchiaino», né quello per provare un diagonale letale. Però lui c’è sempre: c’è nella classifica dei cannonieri con tre reti pesanti (quella che apre alla vittoria sul Palermo, quella che serve al Napoli per sbarazzarsi dell’Udinese, quella che basta per liberarsi della tenace resistenza del Chievo) e poi c’è molto di suo nell’autorete di Borja Valero nel 2-1 sulla Fiorentina. Ma ci sono anche gli assist. E per riprendersi ciò che la sorte e qualche centimetro di precisione gli ha tolto, arriva il Genoa: una delle vittime preferite. Perché lui a Marassi segna spesso…
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
A.S.
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