Ci sono domande – dure, fastidiose, sferzanti e persino sprezzanti – che almeno a se stessi vanno poste: e risposte – vere, autentiche, indiscutibilmente sincere – che bisogna darsi. Perché è inutile fingere o peggio ancora mentire o persino temporeggiare. Se le chiede l’edizione odierna del Corriere dello Sport, con il soggetto della questione che risponde al nome di Arkadiusz Milik: “E’ stata una rinascita fatalmente lenta, e neppure i venti gol con Ancelotti sono serviti a restituire il sorriso o le certezze. Milik non sembra ancora lui, quello che si presentò a Napoli incurante dell’eredità di Higuain, e cominciò a fare sfracelli: le prodezze, e ce ne sono state restano lì, senza emozionare. Allora chiederselo è lecito, per ognuno: per il Napoli, che insegue gol pesanti, e per Milik, che ha bisogno di avvertire dentro di sé, e anche intorno a sé, una fiducia cieca, che soffochi l’impazienza. Restare o andare? Ci sono interrogativi che si colgono nell’aria. E la scelta di soprassedere per il momento sul rinnovo di un contratto in scadenza può essere un indizio: fra un anno, rischierebbe di essere tardi per entrambi”
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