Visto da vicino: «Un fenomeno ». Visto da Aronica, il grande «vecio» , quel giovanotto tutto finte e guizzi, è talento allo stato puro, un genietto da aspettare con fiducia, e però da «educare» ad un calcio diverso, abitato da mastini, ingabbiato in un’organizzazione chiaramente diversa. «Però si vede che ha numeri» . Visto a Castelvolturno, in un semestre quasi bianco – dieci presenze ma appena 151 minuti giocati, poco più d’una partita frantumata in vari spezzoni – Edu Vargas è tutt’altro che un oggetto misterioso, ma una spina pronta per essere ficcata nel fianco di chiunque gli capiti a tiro, il prototipo del predestinato che ha spinto Christian Maggio a stropicciarsi gli occhi e ad eleggerlo a protagonista del futuro: «Dategli in tempo di capire, fa cose impressionanti» .
IL COLPO – Visto da lontano, anzi rivisto attraverso il revival d’un dicembre a modo suo indimenticabile, la Copa Sudamericana vinta con la Universidad du Chile, il torneo di Clausura conquistato di slancio e il pallone d’argento del Sud America alle spalle di Neymar e però davanti a Ganso – Edu Vargas riemerge dal cono d’ombra nel quale s’è ritrovato per umanissime difficoltà d’ambientamento in un Paese assai lontano dal proprio habitat naturale. La stella che illumina la «U» è un puledro di razza che se ne va da solo, in contropiede o a difesa schierata, una scheggia che fa impazzire chiunque – Chlesea ed Inter comprese – e che alla fine, con un blitz, diviene «napoletano» per undici milioni di euro, un investimento sontuoso per un bomber che s’è preso la scena e l’ha tenuta per sé con autorevolezza e padronanza del ruolo, preferendo il basso profilo in pubblico e riuscendo a garantirne uno altissimo in Cile, prima d’essere ceduto.
BABY BOMBER – Ventidue anni portati con scioltezza, mostrando nell’area di rigore la faccia sorridente di sé: segna, incanta, trascina gli osservatori di mezza Europa in Cile e poi sceglie: «Ho voluto Napoli e sono fiero di essere qui» . A Fiumicino è una bolgia, in centinaia per scoprirlo, per toccarlo, per omaggiarlo d’una sciarpa o d’una carezza, per fargli sentire immediatamente il calore d’una città che lo ha adottato a prescindere, accontentandosi di ciò che arriva dal satellite, perché talvolta basta poco e le tre reti al Ldu di Quito aiutano a sognare. Ma vedi Napoli e poi… Cavani, Lavezzi, Hamsik e Pandev: mica facile riuscire a rimettere in ordine le gerarchie, ribaltandole. Vargas esordice in coppa Italia con il Cesena, poi può prendersi ciò che gli lasciano i quattro tenori, l’inevitabile periferia d’un palcoscenico che comunque concede soddisfazioni. Napoli va assaporata a piccoli sorsi – una presenza qua ed un’altra di là – però il praticantato al fianco di quel poker d’assi, la cavalcata in Champions, il trionfo in coppa Italia, servono per prendere coscienza del clima, per assorbirne le abitudini, per svelarne le soluzioni da utilizzare nell’anno che verrà.
«IO RESTO QUA» – Visto e rivisto, attraverso il replay della sua mini esperienza napoletana,. Edu Vargas rimane tecnicamente incellophanato e dunque non ancora giudicabile: ma le voci di Castelvolturno, lo stupore scatenato nei suoi compagni, la fiducia mostratagli da Mazzarri inserendolo nell’elenco degli attaccanti con i quali andare incontro a campionato, Europa League e coppa Italia rappresentano l’energizzante per andare a raschiare il fondo d’un bagagliaio tecnico ritenuto extralarge e pronto ad essere mostrato. «Io di una sola cosa sono certo: voglio restare qua, al cento per cento, e far vedere quanto valgo» . Avanti c’è posto.
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
A.S.