Gioia e però dolori: perché il calcio è lo specchio della vita e fa niente se a volte l’immagine riflessa è deformata. Un mese, una storia, un mistero (persino) buffo e leggende metropolitane: però, intanto, intorno è il caos, il sospetto che si trasforma in tormento, prima d’esplodere nell’estasi. Napoli-Torino è la cartina di tornasole d’una serenità interiore (ritrovata), la «fedina» muscolare ripulita da qualsiasi affaticamento, dall’acido lattico e dalle complicazioni psicologiche: e su quel letto a due piazze, sistemato nel cuore dell’area di rigore, praticamente su un dischetto volante, più che Freud ha potuto Higuain. Destro secco all’incrocio dei pali; poi destro dolce nell’angolino basso: buono il primo rigore ed ottimo invece il secondo, perché in quel tunnel condiviso per trenta giorni – da Genova al san Paolo, dallo stop al go – ormai mancava l’aria e bisognava uscirne a modo suo. « Sto benissimo e sono felice ».
L’AFFARE – I quaranta milioni di buoni motivi che inducono a tremare, in quel mesetto vissuto nella precarietà, un caso incentrato sulla consistenza di quei muscoli di seta (però dorata), sfilano nel nulla con la doppietta che vale una riabilitazione soprattutto emotiva, la rinascita interiore d’un uomo rivitalizzato da quella dimostrazione d’efficienza e di libertà (nei movimenti) che può lasciarsi alle spalle qualsiasi preoccupazione e lanciarsi nel futuro sin dal ventre d’uno stadio divenuto ufficialmente suo: «Segnare al san Paolo è un’emozione, che mi rende orgoglioso. Però è presto per fissare obiettivi: ora c’è da lavorare, ci aspetta la Fiorentina».
CHI 6? – I fatti separati da qualsiasi opinione son racchiusi in quei numeri che, però, hanno un’anima, in quelle sei reti sparse qua e là, tra campionato e Champions, per tener lontane le ombre allungatesi da Marassi e capace d’affogare persino la partenza lanciatissima d’un pipita d’oro. La Napoli d’Higuain è un giardino incantato nel quale lasciarsi andare (« qua la gente mi fa sempre sentire importante ») e l’erba d’uno scugnizzo, non a caso, argentino di nascita, è stato sempre verdissimo: un gol al Chievo, uno all’Atalanta, uno al Borussia Dortmund e uno al Milan, un poker servito dall’asso sudamericano in (appena ventidue giorni). Poi, Marassi: e Genova per lui diventa un incubo dal quale scappare in fretta e però con le proprie gambe, mostrando di essere integro, di non dover convivere con l’eco di quegli accidenti madridisti e che però riempiono l’aria dal 22 settembre in poi. Sino al Torino, alla prima doppietta, a quella gioia contenuta e però palpabile: perché – statisticamente – l’Higuain attuale viaggia persino ad una media superiore a quella realizzata vestendosi da Real. Quaranta (milioni di) sfumature azzurre: il principe del gol è tornato.
Fonte: Corriere dello Sport.
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