Esserci o non esserci, era quello il problema: ma quando il san Paolo s’è avvicinato e l’adrenalina ha preso a pompare, il dubbio della vigilia s’è dissolto ed el pipita ha scelto per sé, per quella Napoli a lui aggrappata, per quella dimensione da ritrovare, in fretta, prima che fosse (già) tardi. Esserci o non esserci, era solo quello il dilemma: ma mentre intorno c’era il buio, lo stadio vuoto e avvolto nella delusione palpabile, la tensione è andata crescendo, la voglia matta s’è impossessata del pipita ed il dolorino è diventato un’eco lontana, dispersa nella nebbia d’una domenica bestiale, attraversata contorcendosi per quell’erroraccio ch’era stata una causa e la sensazione di vuoto assoluto ch’era divenuto l’effetto ingovernabile d’una città ferita. «Ma sono andato sul dischetto tranquillamente, non ho mai pensato di poter sbagliare di nuovo». Niño non aver paura di tirare un calcio di rigore: e, in quel cmila d’attesa e di tensione, con lo Sparta Praga avanti e le ombre ovunque, el pipita s’è preso il pallone, l’ha sistemato al centro dei propri pensieri, ha osservato il nulla ed ha cercato l’angolo perduto. «Il resto non contava: noi volevamo vincere e dimostrare alla gente di che pasta siamo fatti, del carattere che abbiamo».
C’E’ LUI. Perché sino a quel momento, in quel san Paolo preso a pallate dal destino, con la traversa di Hamsik che ancora sta tremando e il tonfo della disperazione di chi sente d’aver contro pure la sorte, la paura s’è colta nelle espressioni della folla, composta e però silenziosamente riflessiva. A volte basta poco, anche un semplice sbuffo dell’aria, un refolo di vento, una leggera e impercettibile imprecisione: «Ma io ero sereno ed ho scelto lo stesso angolo nel quale avevo trovato il portiere del Chievo: sentivo che avrei segnato, volevo segnare». Ed allora, è cominciata un’altra serata, sempre marchiata da Higuain, ch’è rimasto mai abbandonato a se stesso, ha avvertito la presenza di Mertens e di Callejon, ma soprattutto ha deciso che doveva andare in un certo modo, perché quello vigente gli dava una noia insostenibile. «Avevamo bisogno di vincere, lo dovevamo a noi ed ai nostri sostenitori. Dovevamo cancellare la sconfitta contro il Chievo e questo match con lo Sparta Praga era importante proprio per sottolineare la caratura del gruppo, la sua capacità di reagire».
CI PENSO IO. Ma la scena madre deve ancora arrivare ed è un graffio sulla pelle della partita, una dimostrazione di potenza e di autorevolezza, quasi una liberazione da ogni implicazione tecnica, tattica e pure psicologica: perché in quello scatto che scuote il san Paolo c’è il magnetismo d’un leader, la sua forza straripante, la sua autorevolezza, c’è il senso pieno della rivincita che Higuain concede al Napoli, concedendosi una veronica dimostrativa per la gente ed una percussione devastante per lo Sparta Praga, portato a passeggio sull’asse destro e spostato sino a lasciare a Mertens la possibilità di capovolgere non solo il risultato ma l’esistenza stessa di quello stadio. «Noi siamo decisi a ripetere le grandi prestazioni dell’anno scorso e ci siamo riusciti. Cercavamo la vittoria e nient’altro, è venuta ed è stata anche netta». E’ da questi particolari che si giudica un giocatore…
Fonte: Corriere dello Sport
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