Dov’eravamo rimasti? Remember, please. Con una certa calma: perché intanto se n’è andato il Mondiale, con dentro l’amarezza d’una finalissima scivolata via sul finire. Eravamo a Milano, per la precisione, a San Siro, a Inter-Napoli: e fu lì che si concluse il campionato; poi ci fu l’Olimpico, la notte della tragedia e quella della Coppa Italia, una gioia soffocata nel dolore: 3 maggio, quando il Pipita uscì di scena. Meno diciassette (o forse diciotto), sarà di nuovo Champions League e si ripenserà all’undici dicembre, alle lacrime di Higuain sull’erba fradicia del San Paolo, che in quella notte finì per inghiottire il sogno di una impresa: sarà preliminare, che però varrà una stagione.
RIECCOLO. Si riparte, con l’emozione dell’amichevole, con Higuain che è annunciato in tribuna, perché vuole esserci. Vuole vedere il vecchio-nuovo Napoli che riprende senza di lui però aspettandolo; vuole scoprire gli amici di ieri e quelli di domani. Ha voglia di cominciare a scaldarsi, perché poi da lunedì si fa sul serio provando a immergersi in condizione almeno per la gara di ritorno (per quella d’andata sarà complicato, normale amministrazione). Riecco Higuain, che il 13 luglio era in campo a Rio, in Brasile, per la sfida con la sua Argentina alla Germania, e ora bisogna scacciare via l’immagine di quella occasione sparacchiata al vento: un dramma per il Pipita, che quei palloni sa buttarli dentro a occhi chiusi.
OKAY. Ma si era rimasti anche a 24 (o 25?) gol, la somma che ha contribuito a fare la differenza, acuti ovunque, in campionato, in Champions, in coppa Italia e in Europa League. Un marchio di fabbrica sulla sua prima annata partenopea, consumata – silenziosamente – in quel confronto statistico con Cavani, il sontuoso predecessore da 104 reti. Higuain è la stella che illumina, è 40 milioni di euro che rappresentano l’investimento più cospicuo della storia del club, è il centravanti della Nazionale argentina ed è anche l’ex Real Madrid che rappresenta lo spartiacque tra una dimensione e l’altra. Tra quel Napoli che acquista “normalmente” e quello che lo fa “straordinariamente”, andando dunque a bussare alla casa blanca.
LA CORSA. Ma stavolta si riparte avendo ben chiaro che bisognerà prendersi immediatamente la scena, il palcoscenico più intrigante che è la Champions: e quando il 19 agosto (o il 20) si scenderà in campo per giocarselo, il Pipita potrebbe non esserci, perché nel vivo della sua preparazione personale. Però, chi può dirlo? Perché la sfida adesso è provarci e provarci e provarci ancora: mettendo ossigeno nei polmoni e avvertendo le gambe, lo scatto, ma senza rischiare di stroncarsi subito. Due settimane di allenamento, tutto qua, poi sarà fischio d’inizio e bisognerà fare sul serio: in quell’ora e mezza ci sarà molto più di un brandello dell’anno che verrà; c’è nascosto il segreto e forse anche l’elisir della giovinezza. C’è la straripante offerta di un trimestre da consumare poi nell’elite, magari andandosene
a fare un giretto anche Madrid per dare un’occhiata alla decima, quella inseguita a lungo con il Real e approdata al Santagio Bernabeu proprio un anno dopo l’addio di Higuain. Una coincidenza tracciata del destino. Che però va stuzzicato: e per farlo liberamente, intensamente, sarà indispensabile esserci almeno il 26 (o il 27), nella gara di ritorno. Perché il Napoli aspetta il Pipita.
Fonte: Corriere dello Sport
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