Acqua cheta: un filo di barba, l’espressione sveglia, la voglia matta di strappare i poster del gossip ed il tuffo giusto per restar lassù, per mostrar se stesso, il meglio d’un repertorio ampio. Si scrive Higuain e si rilegge un’estate da brividi: quaranta milioni di euro (circa) per diventare il Fenomeno del mercato all’italiana, prima di scoprire d’avere un ruolo per le copertine patinate ed il sex-appeal delle star. Si gioca e il prossimo scoglio è un nobile avversario capace di far male (spesso), l’ennesimo tabù che quel mattacchione del computer ha sistemato tra le onde lunghe d’una stagione accidentata, ricca d’insidie e di pericoli di secche: è Napoli-Chievo ed è la giornata d’Higuain, quel «mostro» reclutato per stare alle spalle (o al fianco, o davanti) alla Juventus e farle sentire la pressione addosso.
L’ACUTO – Palla al centro e poi avanti tutta, alla ricerca del bomber perdutosi per un istante al largo dei Faraglioni e però già sciolto, tonico, rinfrancato persino dagli sfottò d’una squadra che gli ha tolto la pesantezza del momento da dosso a colpi d’ironia ( «lasciale fare a noi, gente di mare, queste cose…» ) e che punta su quella Pipita d’oro in stile Real Madrid, una macchina da gol con una media impressionante utile per scacciar via l’ombra (e verrebbe da dire il fantasma) di Sua Maestà Edinson Cavani. «Io sto bene» . Il lunedì più pazzo della sua ancor brevissima esistenza partenopena è già consegnata agli archivi della cronaca – anche quella un po’ rosa – e mentre il «Bentegodi» si spalanca dinnanzi al Napoli, c’è un altro argentino che si scalda e annuncia prodezze e meraviglie, che va alla strenua ricerca della proverbiale sua fama.
LE CIFRE – I numeri, nel loro piccolo, non mentono e la prova Real Madrid è indicativa, una spruzzata d’ottimismo per ricucire simbolicamente quella ferita nell’anima lasciata dalla gita in barca: centosette reti in centonovanta partite, una frequenza asfissiante nel tabellino dei marcatori per santificare la presenza massacrante nei sedici metri. E se per caso non dovessero bastarvi, altri venti gol nelle trentaquattro presenze con la nazionale, la riprova di una fedeltà assoluta sotto porta, di un istinto da killer sul quale ha puntato Benitez dopo aver perduto Cavani.
LE SCELTE – Si riparte, motore acceso, e verso Verona, il capofila del 4-2-3-1 è Higuain, il centravanti moderno (e però anche un po’ antico) per capitalizzare il lavoro d’una squadra già identificabile in Benitez, palla a terra e palleggio a oltranza, sviluppo della manovra (soprattutto) centrale e poi sfogo sugli esterni. Il resto è noto, è la stessa, identica formazione della prima giornata: Reina tra i pali, la linea a quattro che comincia con Maggio, prosegue con Albiol e Britos, si chiude con Zuniga; Behrami e Inler a rovistar palloni per riciclarli; poi Pandev, Hamsik e Callejon utili per la doppia fase…
MI FACCIO LA BARBA – La sfida ravvicinatissima con la Juventus (stasera una finisce e l’altra comincia) viaggia pure sull’asse Higuain-Tevez, «nemici carissimi» capaci d’ogni prelibatezza: lo scivolone con taglietti sparsi appartiene ormai al nulla, un graffietto nella memoria, e il Pipita che molla gli ormeggi e si rituffa sul campionato scopre d’avere nel farsi la barba l’unico problema. Cosa sarà mai, per un uomo a prova di bomber?
Fonte: Corriere dello Sport.
La Redazione.
D.G.
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