Piombato come un vagone, nella porta di Padelli. Il tiro di Gonzalo Higuain pone fine a una agonia tutta napoletana. Non c’è termine più esatto per il gol, che arriva al quarantaquattresimo in una partita che sembra un film polacco, al più un noioso giallo da consumare in fretta. Dove la parte della bionda che porta adrenalina è tutta del Torino: con due pali colpiti, uno per tempo con Bovo e Meggiorini. E volendo segnare i pochi gesti salvabili oltre i dribbling di Mertens, c’è che Higuain va in gol su un lancio di Hamsik, che ha provato in tutti i modi a somigliare a se stesso non riuscendoci se non per pochi minuti. E, ad appesantire la brutta sera, c’è anche che Higuain, prima di spararla in porta con la frustrazione di un camionista bloccato da ore nel traffico, con un contatto fortuito, ha messo giù Glik (su questo nasceranno pagine di romanzo, al Torino non mancano scrittori tifosi da Baricco a Culicchia, e di sicuro saranno pagine migliori di quello che ci è toccato vedere durante il resto della partita). Ancora una volta è un singolo gesto dell’attaccante argentino che salva la ditta, e a guardare si trovano tanti e tali difetti che l’elenco risulterebbe offensivo per il rispetto enorme e la fiducia che abbiamo in Benitez. Ma tutto questo genera pensieri rampicanti colmi di stupore e inadeguatezza soprattutto a vedere cosa è riuscito a sbagliare Ghoulam, punta di quel rosario di errori che si sono visti. Dalla partita appare una sola speranza che è Higuain che però sembra la particella di sodio di quello spot ideato da Baldoni per l’acqua. Nuota solo in mezzo alla difesa del Torino legatissima al centrocampo, dove ci sarà molto da pescare (non a caso c’era Prandelli in tribuna), suo è il primo tiro in porta (di destro) del Napoli, che arriva solo nel secondo tempo, il primo è passato a vedere El Kaddouri che faceva Hamsik. E tutte le idee lungimiranti e fantasiose sull’attacco stratosferico si sono perse molte volte nei passaggi a vuoto di Inler, e di seguito in quelli di Behrami, e a seguire Henrique senza dimenticare Jorginho.
Ammesso che qualcuno del Napoli avesse tempo e voglia di giocare non ce ne siamo accorti. Poi si dirà che la testa era al Porto, con questi pensieri qua non si vince mica. Meglio segnarselo. E va bene che era l’anniversario dell’Unità d’Italia e davvero Higuain è come Garibaldi non solo perché «non può tagliarsi la barba per ragioni di look», ma perché è uno che se la cava sempre, che una direzione la trova e un confine lo passa, magari chiamando il suo piroscafo a elica “Salvatore” che è un po’ come segnare allo scadere buttando giù Glik, un moto obliquo di seguire un pallone che gli arriva alle spalle e lui destra o sinistra, Glik o Padelli, il pallone lo mette in porta. Cartolina da Torino. E senza scomodare la fisica teorica, sappiamo di che legge tratti un gol così, quello che però rimane al netto dei tre punti nella scia della Roma, è il calo netto, rispetto a una squadra media (il Torino) che non ha nemmeno schierato il meglio che aveva (Cerci e Immobile sono entrati solo nel secondo tempo). Perché il gol di Higuain sembra un evento misteriosamente giunto in incognito quando ormai tutto sembrava votato a quella condizione che nella vita non esiste: il pareggio. O peggio a quella che quasi tutti noi conosciamo benissimo: la sconfitta. E serve a camuffare una partita più fortunata che giocata, tanto che una vittoria a Torino pare una conquista spaziale, con Higuain portatore di stupore lunare come Neil Armstrong.
Fonte: Il Mattino.
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