Quante volte, pipita? La girata che rade l’erba e poi fa pure la barba al palo – perché la palla esce per un pelo, forse persino meno; lo slalom tra quattro persone, partendo dal centrocampo, disorientando la Fiorentina dalla metà campo all’area di rigore, con l’esterno che scivola via per un palmo, sull’uscita di Neto; la rovesciata che un bambino vive nei propri sogni, mentre giochicchia con le figurine dei calciatori….Pareva una serata dannatamente inutile, il senso pieno del superfluo, un calcio stellare, in perfetto stile-Higuain, una serie di prodezze balistiche da restare incollati al campo, e poi, puff, la felicità che sta per sgonfiarsi. Però le partite durano novanta minuti, ragazzi…
PRIMO SET. Mah: ci sono cose che gli essere umani non riescono a spiegarsi, perché la Grande Bellezza è negli occhi di chi osserva e scopre che un calcio del genere può lasciare incantare. Però c’è stato anche un momento in cui la «disperazione» rischia di coglierti, di congelarti o anche di scoraggiarti: ma non sarebbe Higuain, se restasse ancorato nel mucchio, se non sapesse cogliere il segnale del destino, di starsene appollaiato nel mischione dell’area, un filino più indietro, percependo l’attimo fuggente. E sei: per cancellare – ancora – il san Mamés, per rimuovere – ancora – Bergamo, per continuare ad essere se stesso, il bomber ad orologeria che da quattro partite (il Verona, l’Atalanta, la Roma e la Fiorentina) esplode puntualmente, stavolta con una randellata sotto misura che piega la «viola».
CI PENSO IO. Magari era scritto da qualche parte, nelle pieghe di questa nottata ricca di paradossi, con un’ora di dominio assoluto e poi la sofferenza della ripresa, perché si sa che può sempre succedere qualcosa di «sgradevole» quando sbagli tanto. O magari no: era scritto nel passato, nel trimestre insopportabile cominciato a Bilbao e proseguito con il Chievo e con l’Udinese e poi ancora con il Palermo…Ma non c’era Higuain, a quel tempo; non il migliore, non quello di questi giorni, non quello che in due settimane s’è caricato il Napoli sulle spalle e se lo è portato in giro, sino al terzo posto in classifica generale, con una rimonta – la «remuntada» – nella quale c’è l’autografo d’autore.
E NOVE. In realtà, Higuain è anche tanto altro, perché hanno un peso (mica relativo) i gol in Europa League e l’unica rete che viene lasciata scivolare via nel dimenticatoio, in quell’archivio che deve contenere anche le delusioni, è la zampata contro l’Athletic Bilbao. Ma quando la stagione è appena arrivata ad un terzo, la media del pipita torna a livelli della passata stagione: venticinque volte Higuain nella sua prima annata napoletana e nove (complessive) adesso, sfatando persino il tabù della Fiorentina, contro la quale in passato gli erano riusciti soltanto gli assist. Ma stavolta no, stavolta serviva ben altro: stavolta, per restare aggrappati – in qualche modo – alla Juventus ed alla Roma, bisognava scovare nel talento la varietà di colpi, la propria autorevolezza, insomma la prova del «nueve». L’hombre c’è.
Fonte: Corriere dello Sport
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