Lacrime napulitane: l’undici dicembre, manco fosse una vita fa. Come neanche in Brasile; come (quasi) mai gli avevano visto fare nel corso d’una esistenza prestigiosa; come un uomo ferito dentro, svuotato d’energia e derubato d’un sogno umanissimo. Come un Higuain qualsiasi, non El Pipita e men che meno mister cento milioni di euro, rileggendo la claussola rescissoria del suo contratto: come un’entità ormai astratta, costretta a deambulare nel Vecchio Continente impolverato e anche un po’ scuro, mica le luci della Champions. Lacrime napulitane: l’undici dicembre, dopo averci provato e averci anche creduto, dopo che l’Arsenal aveva resistito e persino l’Olimpique Marsigilia pareva ce l’avesse fatta, con il Borussia Dortmund: poi arrivò un sospiro collettivo dei cinquantamila del San Paolo e s’intuì ch’era finita.
RIECCOMI. Dov’eravamo, se non in quella bolla d’aria (d’ira)? L’undici dicembre del 2013, quando scese la sera, Higuain scelse se stesso e il Napoli per ricominciare, per tornare a blandir la Champions, intanto (sei mesi dopo) finita tra le braccia del Real – la decima – però senza costituir rimpianto. E’ il calcio che, come la vita, offre sempre un’altra chance: e ora che l’Athletic Bilbao si sta avvicinando a grandi passi, bisogna fare in fretta per riprendersi la scena più ambita. Un anno fa, fu l’estasi d’una favola in cui però comparve, proprio allo scadere, il lupo cattivo: ma prima, a rivederla, l’Higuain-day s’era consumato, e in che maniera, in uno scenario da mille e una notte. Un gol a Borussia Dortmund, per cominciare, poi un assist (e in che modo) a Marsiglia, per scacciar le streghe d’un infortunio divenuto misterioso e ridimensionato in fretta, attraverso la propria classe cristallina; la doppietta della speranza all’Olimpyque al San Paolo e la zampata in puro stile Pipita all’Arsenal: quattro reti ma un magone grosso così, la tensione che implode e poi diviene pianto liberatorio sull’erba umida d’uno stadio che gli fa compagnia applaudendolo, per condividerne l’amarezza.
COUNT DOWN. Si riparte, missione Champions: il quattro agosto in campo, per avvertire il muscolo, la gamba e le sensazioni portate un po’ in vacanza, dopo la finale del Mondiale in Brasile; però in testa – nonostante il can can nato in Spagna – non c’è mai traccia del Barça, né di altro. «Io l’ho sempre saputo: mentre in giro circolavano voci di mercato, io pensavo soltanto alla Nazionale e al mio rientro a Napoli, la mia squadra» .
Meno cinque d’una vigilia intensissima, cominciata l’otto agosto dinnanzi all’urna e attraversata a grandissimi passi per sfidare (persino) le leggi del calcio, che impongono preparazioni rigorose: tabella personalizzata e una missione (im)possibile che conduce dritto prima al San Paolo e poi al San Mames, perché senza Higuain è (sarebbe) un’altra storia.
SUBITO. Il tempo è un galantuomo ma per lenire le ferite serve un gol, che Higuain va a cercarsi, a costruirsi e a trovare con il Psg: e in quella zampata d’un centravanti buono per ogni uso, c’è la spruzzata d’ottimismo – e d’energia – che rende più leggeri e spinge Napoli a sentirsi avvolto in una corazza. Perché è dall’undici dicembre che si galleggia intorno alla solitudine d’un numero a suo modo unico nella storia del calcio: dodici punti, quattro vittorie, per ritrovarsi fuori dalla Champions. Don’t cry for her, argentino: tutto torna e Napoli-Athletic Bilbao è per Higuain….
Fonte: Cds
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