NAPOLI – Qui Buenos Aires: e il profumo che ora inebria un “tempio” del calcio è in quel microuniverso che sa sempre dell’ultimo Dio. «Si sente la sua presenza, ciò che Maradona ha fatto per Napoli è noto: e io sento d’essere amato sempre di più». Qui Buenos Aires: perché la storia è tracciata e però si può sempre riscriverla, ripartendo da Diego e poi spingendosi sino a Higuain, la prova provata d’una empatia viscerale, il legame inattaccabile rinsaldato da quel filo azzurro che lega le epoche e gl’idoli e l’incatena al san Paolo: «Il mio affetto cresce di giorno in giorno, come la passione che mi dimostra questa folla straordinaria. Io l’avverto e non smetterò mai di ringraziare».
Un, due, tre: il salto triplo nel delirio collettivo è in una sequenza da mille e una notte, la raffica d’emozioni concesse tra il Chievo, l’Atalanta e il Borussia Dortmund, un campionario ampio e vario che Sua Maestà Higuain va a raschiare nel fondo del proprio barile di attaccante vero e poi dispensa a quei sessantamila ormai fradici di felicità. «Questa è una gioia incredibile, perché le partite di Champions sono difficilissime, perché sfidavamo i finalisti dell’ultima edizione d’una coppa affascinante: non possiamo che essere contenti, abbiamo battuto i vice campioni d’Europa ed abbiamo regalato a questa folla e a noi stessi una soddisfazione enorme».
EL PIPITA D’ORO – C’era una volta, e però tanto tempo, el pibe de oro: e fu il calcio per sempre, rigagnoli della memoria da narrare a figli e nipoti. Ma quando el pipita è spuntato nella Napoli del Terzo Millennio, nell’ombra imprescrutabile di centoquattro reti e nella malinconia diffusa per quel matador evaporato, il romanzone popolare d’una Napoli che sa Baires s’è andato arricchendo di nuovi capitoli. «Per me che sono argentino, mi dovete capire, sono sensazioni indescrivibili. Io so cosa ha dato Maradona a questa terra e sono orgoglioso di quello che siamo riusciti a realizzare contro il Borussia Dortmund: affrontavamo un avversario di enorme spessore, lo abbiamo battuto da squadra, dando precedenza alla collaborazione, al collettivo e ignorando le individualità».
LA TRIPLETTA – I fatti separati dalle opinioni sono in quella certificazione d’immensità che tra il Chievo, l’Atalanta e il Borussia Dortmund avviene con rapidità impressionante, il tempo necessario per calarsi nel ruolo, per prendersi il Napoli sulle spalle e portarlo in giro con autorevolezza: «Non so se il gol è stato bello ma è stato sicuramente importante, perché ci ha permesso di aprire la partita, di metterci in condizioni privilegiate, di gestirla. Ma poi abbiamo continuato a giocare come sappiamo, come vogliamo e come dobbiamo. Io mi sono ambientato subito perché sono reduce da un campionato durissimo, la Liga spagnola, e perché sono argentino… Ho avvertito immediatamente la fiducia della gente, mi viene dimostrata sempre».
CHE GRANDI – Le notti son fatte per vagheggiare, per deliziarsi in quella ninnananna d’una musica che seduce e poi per andare incontro a quell’hombre del partido che allarga le braccia e sembra voglia accoglierne sessantamila per esprimere ciò che prova: e ora che s’è messo di scrivere Gonzalo e hanno già cominciato a chamarlo Golzalo, ciò che resta d’un debutto in Champions è quel legame inattaccabile sulla Napoli-Buenos Aires, il passato e il futuro, sette anni indimenticabili e la sensazione che stia per cominciare un’altra bella epoque. «Io gioco in una grande squadra, dove c’è un grande allenatore e un ambiente entusiasta alle spalle. Speriamo soltanto di continuare così». Qui Buenos Aires, a voi il Napoli …
Fonte: Corriere dello Sport
La redazione
F.G.
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