Happy birthday: ventisei anni ieri e – ovviamente – non sentirli, lasciandosi scivolare addosso le tensioni e le paure altrui, arrotolandole nel tweet d’una vigilia resa ancor più tenera da centoquaranta gocce di miele lasciate colare da De Laurentiis: «Auguri pipita. A Napoli ai campioni regalano un affetto unico. E loro sanno sempre ricambiare. Lo farai anche tu, per la gioia di un popolo» . Buon compleanno, certo: però le candeline andranno accese stasera, in quel san Paolo «stellare» , per illuminarsi a giorno e magari sorridere da Higuain, provandole tutte – ma proprio tutte – per non aver (eventualmente) rimpianti e per cercare di raschiare il fondo d’un duello e farlo proprio: «Ci vuole De Laurentiis e gli auguri al bomber: «Napoli regala affetto, fai felice il tuo popolo»
testa freddo e cuore caldo» . Ventisei volte Higuain: ed in quella torta (che aspetta) c’è la Champions con gli ottavi e un’impresa da regalarsi attraverso un duello all’ultimo gol nel «derby» alla francese con Olivier Giroud, il bomber della porta a fianco da prendere a spallate, per farsi largo in quella sorta di spareggio ad handicap che si profila all’orizzonte.
NUMERI – Si scrive Higuain e poi ci si tuffa a capofitto in una vita da goleador senza macchie e senza paura, un ciclope dell’area di rigore che ha già toccato le centocinquanta reti ufficiali offerte ai propri club ed altre venti alle Nazionali: ma stavolta la festa può avere un sapore speciale e con mamma in tribuna è un’altra storia da allegare ai capitoli con il Real e con l’Argentina, da concedere al Napoli e da consegnarsi per lanciarsi non solo negli ottavi di finale ma pure per un 2014 che sa di Brasile e di Mondiale. I quaranta milioni di buoni motivi (e di euro) che sostengono l’impresa sono in quegli scatti brucianti riscoperti d’incanto, in quell’atteggiamento da avvoltoio riemerso prepotentemente, nell’altruismo insospettabile espresso creando assist a ripetizione, nell’abitudine a vincere ch’è insaziabile e che l’ha spinto a suggerire ai compagni la ricetta giusta per disfarsi dell’Arsenal: «Testa fredda e cuore caldo» .
BRACCIO DI FERRO – Ma l’Arsenal è Olivier Giroud, un bisonte scelto da Wenger con indiscutibile certezza, sistemato là davanti per andare a sfondare di testa, di gamba, di fisico e (adesso) anche con insospettabile grazia i pregiudizi della Londra sempre orfana (e per forza) di Henry e avvolta nella nostalgia per quel talento e quell’eleganza inimitabile. Giroud è centonove reti tutto compreso, un corazziere acquistato dal Montpellier e sistemato nel bel mezzo dell’area avversaria per trascinare i «gunners» in cima alla Premier, per (ri)dare un senso compiuto a quel progetto con così pochi eguali che ha il marchio di fabbrica di Arsene Wenger.
DIFFERENZA – Il «falso nueve» è Gonzalo Higuain, che sa fare tutto ma proprio tutto: il regista offensivo o anche il classico terminale nei sedici metri, l’opportunista vecchio stampo o il centravanti all’avanaguardia, tutto talento e ispirazione per sé e per i suoi; Olivier Giroud ha «imparato» – e rapidamente – il vangelo secondo Wenger e dopo essersi acculturato in un calcio chiaramente diverso da quello di casa sua, ha scoperto il piacere del dominio assoluto, garantitogli dall’indiscutibile ruolo di leader d’un attacco straosferico nel quale lui resta il «vero nove». Higuain è la star di Napoli, il nipotino di Diego: e dieci reti, finora, son bastate per consegnargli il San Paolo; Giroud si smarrisce in quella gioielleria – ora abbellita da Ozil – ma undici reti non è chincaglieria, tutt’altro. Higuain ha vinto con il Real Madrid, Giroud con il Montpellier: il Napoli non vince lo scudetto dal ’90, l’Arsenal dal 2004. La parola al contropotere: ditelo con i gol.
Fonte: Corriere dello Sport
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