C’era una volta… E’ il calcio dei tempi moderni che riconduce al passato, è una sigla che trascina al bianco & nero e poi diventa azzurro, è la sintesi d’un altro modo di presentarsi all’universo conficcato nei ricordi: non più «taca la bala» e però sempre HH, non maghi delle panchine ma totem riemersi dalla cupezza d’un mese insopportabile, non più Helenio Herrera – e neanche Heriberto – ma Hamsik ed Higuain, la formula magica per ricostruire il Napoli intorno ad un sogno.
Si va e stavolta un cammino lieve verso la serenità sfiorita: 2-0 in casa dello Slovan Bratislava, la seconda vittoria consecutiva e una rinnovata energia per lasciarsi (definitivamente) alle spalle il San Mamés, per riprendersi il destino tra le mani – ma anche i piedi e la testa – e condurlo delicatamente laddove li porta il cuore.
CHE NOTTE. La sintesi è in quell’HH che si fondono, si esaltano, riscoprono il gusto della giocata e persino dell’azzardo, il perfezionismo tattico da esibire attraverso il talento, come nella circostanza d’un raddoppio in cui più che la maestria del singolo è determinante l’empatia della coppia.
E’ un dialogo tra “luminari” del football ai quali basta un’occhiata nelle tenebre per scorgersi: il lancio è di Hamsik, lo stacco è di Higuain, la riproduzione è del Napoli che può smetterla, almeno per questa volta, di smarrirsi nel proprio tormento. «Volevamo vincere questa partita e ci siamo riusciti: ora dobbiamo continuare in questo modo».
IL LABORATORIO. Da Hamsik ad Higuain, dal San Paolo, al San Mamés sino a Bratislava: sono chicche europee – ed anche rimpianti, ahiloro – sono cinque gol in due che squarciano un nuovo orizzonte e scacciano via quelle nubi dense che si sono inchiodate su Castel Volturno dall’ombra del ventisette agosto.
Lì cominciò la disavventura psicologica, in quelle due serate divenute angoscianti, nelle quali l’illusione – tanto per ribadirlo – avviene sempre sulla rotta dell’HH, perché l’1-1 dell’andata lo afferra “el pipita” e al ritorno l’effimero 0-1 è firmato da Marekiaro.
BLACK OUT. In Italia, invece, zero reti per entrambi: mai successo nella luminosa carriera di uno dei centravanti più forti del mondo di starsene all’asciutto per così tanto tempo; mai capitato neanche ad Hamsik di dover fronteggiare un’anemia tanto evidente nella fase d’avvio di una stagione.
Però in Europa vanno, eccome, rimettono i sigilli alle partite, lo fanno persino in coppia come a Bratislava, e uno al fianco all’altro salgono sul charter che li riconduce a Napoli, per ricominciare.
IL TORINO. Ma il malessere va preso per le corna, subito: raccontano le statistiche, e son dati autentici, che un anno fa, quando sembrava stesse per “deflagare” un caso, un normalissimo accidente fisico di percorso, Gonzalo Higuain decise di fare da solo, scese in campo, affrontò il Toro e lo affondò dal dischetto due volte, con quella precisione millimetrica che Bardi è andato a strozzare nell’angolo, in Napoli-Chievo, una delle seratacce dalle quali uscire definitivamente non con il corpo ma con l’anima.
Perché il problema, hai voglia a girarci intorno, è rimasto sempre e soprattutto la scia di malinconia lasciata dalla Champions: poi HH si sono rimessi il camice bianco (azzurro?) ed hanno offerto la lezione della propria lenta riemersione, racchiusa in una frase cult che vale per entrambi: «Noi vogliamo vincere».
Fonte: Corriere dello sport
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