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Da Higuain a Reina, la cultura del successo. E una bacheca con 32 trofei

Esperienza, non v’è dubbio. Ma non solo. Quei sette giovanotti ultimi arrivati in maglia azzurra dalle loro valigie hanno tirato fuori anche dell’altro. L’idea d’un altro calcio, certo. Ma soprattutto, la cultura del successo. Che è roba importante nel mondo del pallone. Perché danno alla squadra certezze e sicurezze che nessun allenamento riesce a regalare. Higuain, Albiol, Reina, Callejon, Mertens, Rafael, persino il giovane Zapata: tutti hanno da raccontare la gioia d’uno scudetto, d’una coppa e su su sino alla conquista di titoli europei e anche Mondiali. Infatti, tutti assieme in dote hanno portato al Napoli la bellezza di 22 trofei nazionali e dieci titoli internazionali. E pure questo per un club e per una formazione vuol dire fare un passo avanti. Crescere. Avere un profilo più internazionale e prospettive più ambiziose.
E sul campo? Beh, pure là ognuno di loro propone novità. Higuain, ad esempio. Ogni tiro, ogni giocata, ogni gol, persino una sciagurata scivolata è destinata a diventare centro di discussione e pietra di paragone. Ebbene, il signorino Higuain non sta facendo rimpiangere neppure El Matador: l’uomo dei 104 gol in tre stagioni. Però quante differenze rispetto al bomber che l’ha preceduto. Lui, sul prato non fa l’antipatico, non pretende d’essere il destinatario d’ogni palla. Certo, non si può dire che abbia la stessa rabbia da gol che aveva chi l’ha preceduto, ma solo perché lui è diverso. Perché lui gioca al quaranta per cento per se stesso e al sessanta per la squadra. Cosicché non è assolutamente un caso che in due match di campionato Hamsik abbia già fatto quattro gol e Callejon addirittura due.

DA MADRID – Callejon, appunto. Lui che la porta l’ha sempre vista poco e che al Real era giocatore di seconda fila, al Napoli è diventato subito importante. Diciamo la verità: semisconosciuto, il suo ingaggio aveva lasciato molti semindifferenti. Invece, la vera scoperta di questa campagna estiva si chiama proprio Callejon. Insostituibile per l’equilibrio tattico che garantisce alla squadra in mezzo al campo e per la capacità d’inserirsi e di far gol. E Albiol? Beh, di lui si sapeva già tutto. Il campo sta soltanto confermando le sue qualità di difensore dal piede intelligente, dal fisico che impone un gran rispetto, dall’esperienza che aiuta la difesa a nascondere un po’ dei suoi problemi. Come Reina, il portierone con l’anima del libero, visto che spesso è proprio dal suo palleggio che riparte l’azione della squadra. Un curriculum lungo così, quello del portiere, all’ombra del quale si sta preparando Rafael, l’ex numero uno del Santos, futuro numero uno della squadra di Benitez. Perché Reina è in prestito e chissà se tra un anno ci sarà. E poi Mertens. L’aletta che nell’ultima stagione ha segnato 18 gol con Psv e che a Napoli ancora è uno sconosciuto. Ma l’ha voluto Benitez e se l’ha voluto lui? Infine Zapata, il colombiano classe ’91 arrivato dall’Estudiantes forte di 13 gol nell’ultima stagione. Un ragazzone grande e grosso che però deve aver pazienza. Lui, infatti, è la scommessa azzurra

Fonte: Corriere dello Sport

La Redazione

G.D.S.

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