È il re delle acque torbide. Un po’ Sandokan molto Yanez, quasi uno squalo. Quando in area in difensori fanno stagno, lui si infila e segna. Gonzalo Higuain è davvero un pirata. Uno che messo spalle al muro o faccia al portiere, sa sempre quello che deve fare. E lo fa con una velocità che sorprende. Ha scaricato in porta tutto l’immobilismo del Napoli, ha messo alle spalle di Vorm la frustrazione di una catena di montaggio pallonara che non girava. Nel momento più difficile, con il tempo che si poteva contare con le gocce di sudore di Benitez e la sua voce ormai rap a bordo campo che stava diventando fado, proprio un attimo prima dell’incrocio, ha cambiato musica, ha segnato ancora una volta, marchiando il percorso del Napoli. Più che fantasia, orecchio. Più che classe, volontà. A differenza del gol al Genoa, tutta morbidezza, qui c’è la rapidità, anche la ruvidezza di metterci la forza che non c’era stata. È un assalto portato con l’istinto più che una costruzione. Ci sono gol fatti sentendo il pallone arrivare più che vedendolo. È questo il caso. Higuain a orecchio ha sentito il pallone che rimbalzava sulle spalle di Williams, ha fatto un passo indietro e poi ha girato in porta, di destra.
Una pugnalata, soprattutto per lo Swansea, che non si aspettava più di andare sotto. Higuain si è coordinato, sapendo che quel pallone era il suo, e anche quel gol. Non ci poteva essere altra traiettoria né altri calciatori. Non solo le scarpe anche i palloni hanno i passi segnati, e quella era roba sua. È in queste sere d’assenza che esce fuori il pirata, quando tutto sembra perduto, le paure sono continue, tanto che la porta di Reina sembrava una trincea, con tutto il San Paolo che ha visto De Guzman e Bony e persino uno come Hernandez assaltare e sprecare, tirare e mancare. Provarci a ripetizione.
In una mano di poker sbagliata di continuo lo Swansea si passava il pallone come carte a un tavolo. Troppo veloci loro, troppo indolenti i calciatori di Benitez. Non Pandev, non Hamsik (solo il lancio che fa nascere il gol), non Callejon, non Mertens nonostante la fame, poco Insigne (dalla sua un gran gol), solo Higuain che prima è entrato di spigolo nel passaggio a Insigne per il suo gol, e poi si è permesso anche il lusso di giocare al bersaglio con Chico davanti alla porta dei gallesi, rimandando la chiusura della partita.
Per rimediare nell’ultima ripartenza, scattando sulla destra e consegnando ad Hamsik e lui a Inler la palla del terzo gol, che lo svizzero deve solo spingere in porta, e farsi perdonare i soliti, inesorabili, errori a centrocampo. Ma la sera è di Higuain. È lui il re del Mare. Fin da quando a Buenos Aires, giocava nelle stanze affollate di ragazzini e segnava per guadagnarsi l’uscita, e il gioco – vero – sul campo.
Higuain sa che la vita in area di rigore non è facile per nessuno, come per mare, e una volta a terra è molto peggio in certe bettole, non ci vogliono solo occhi per capire da che parte ti colpiranno ma anche gambe per schivare e spalle larghe per ricevere, quando si viene colpiti. Ed è così che si muove, ed è così che gioca, ed è così che segna. Come se avesse sempre bisogno di smarcarsi dalle ombre, la sua è quella pesante che porta il nome di Cavani.
E un po’ alla volta, gol dopo gol, lancio dopo lancio, dribbling dopo dribbling, si sta smarcando, sta guadagnando non solo la luce ma anche il primato di Migliore.
Perché non contano solamente il numero di gol segnati, ma anche quelli che uno si perde nella vita, e tanto quelli che uno segna nelle sere di buio.
In questo Higuain, pirata, si sta lasciando dietro i dinosauri del passato e i fantasmi della nostalgia di Madrid.
Fonte: Il Mattino.
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