Una cresta sulla scia di una zazzera di riccioli. Simbologia. Iconografia calcistica: dal re, al principe ereditario. Da Diego Armando a Marek. Dalla Coppa dei Campioni alla Champions, da uno scudetto sognato al sogno di uno scudetto dimenticato. Risultato: Hamsik sulla scia di Maradona, proprio così, e non significa certo che per ricamare sia necessario scomodare il dio pagano del pallone. Per carità: Diego è fuori concorso, lo sanno anche le pietre, però per tanti motivi Marek sta gradualmente diventando un totem, oltre a essere un fior di campione. Bene, via libera. Si parte: cappello sul campionato, inchino ai piedi della regina delle coppe d’Europa e acuto (cercasi) alla Scala (di San Siro). Tutto in otto giorni: per capire come sognare.
RIFIUTI DEL CUORE – E allora, vita da leader. Vita da Hamsik, lo slovacco di ghiaccio che al sole di Napoli si squaglia e svela la pelle azzurra: «E’ la mia città, la mia casa». Parole e musica di uno che, prima ancora dei vari Lavezzi e Cavani, è stato tentato a fior di milioni dai club un tempo più avanti nella corsa alla vetta. Risposta: no, grazie. E pensare che il tetto ingaggi di casa azzurra, all’epoca, era decisamente più basso di quello attuale. La cresta sbatteva, bisognava camminare con il capo chino: ecco perché quel rifiuto, quei rifiuti, a poco più di vent’anni d’età, valgono doppio. Anzi, non hanno valore: identificato. Del tutto.
I NUMERI – Lo raccontano le cifre, innanzitutto: da quando nel 2007 l’ex d.g. Pierpaolo Marino lo strappò alla concorrenza – soprattutto dell’Inter -, Hamsik ha messo in fila una collezione di partite e prodezze che, in gergo da almanacco, fanno 264 presenze e 74 gol. In totale, tra campionato (220 gare e 66 reti) e coppe varie: un risultato che gli vale il settimo posto nella speciale classifica degli alfieri di tutti i tempi davanti a Panzanato, scavalcato dopo l’uno-due Bologna e Chievo, e dietro Buscaglia, sesto con 272. Sotto l’aspetto delle partite giocate con la maglia del Napoli – e soltanto per quello -, Maradona è archiviato in entrambi i casi: 259 gettoni, per il re, di cui 188 in campionato.
CITTADINO NAPOLETANO – Chiaro, il quadro stilato per gli amanti delle statistiche. Ma c’è dell’altro. Molto altro: il cuore. Azzurro come la pelle e anche il sangue: Hamsik è un cittadino napoletano, ormai; anzi, è napoletano e campano: ha acquistato casa nei pressi del centro sportivo di Castevolturno e, se capita, si ferma anche a dare due calci al pallone insieme con i ragazzini che corrono in strada; vive da cima a fondo, dalla cena alla spesa, la realtà che ha scelto; passeggia tranquillamente, nonostante sia una star del calcio, perché ormai vederlo girovagare non fa più notizia. E’ la normalità.
CHE SCINTILLE – Fuori dal comune, invece, continua a essere il suo rendimento: progressi costanti, continui, da Reja a Benitez, passando per Donadoni e Mazzarri. Molto più d’un allenatore, per lui. Ora, però, c’è Rafa, con il quale ha griffato l’avvio di stagione più sfolgorante della sua carriera azzurra: 4 gol in 2 partite, i gradi di vice-capitano e il momentaneo trono dei cannonieri d’Italia. A raffica. Mai così bene nei numeri, certo, ma anche superlativo nel modo di giocare e di stare in campo: maturità totale. E posizione modificata: trequartista come con Mazzarri ma con un raggio d’azione più avanzato. Micidiale. Devastante e così via: sfilza di aggettivi ma identica sostanza. E ora? Beh, semplice: sarà settembre e anche l’inizio della stagione, ma le prossime tre partite valgono tanto. Tantissimo: oggi è ancora in Nazionale, sì, ma sabato con l’Atlanta bisogna confermarsi di altra categoria; mercoledì 18 con il Borussia è necessario mettere in chiaro le cose in Champions sin dall’esordio; domenica 22, a Milano, è la prima sfida-scudetto dell’anno. Forbici e la cera prediletta, please: serve la cresta delle grandi occasioni.
Fonte: Corriere dello Sport.
La Redazione.
D.G.
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