Una cresta, una chiave. Sì, Marek Hamsik è la chiave tattica del Napoli di Mazzarri. Ago di una bilancia da calibrare di continuo, nonché arma affilatissima nei casi di necessità, di urgenza estrema. Proprio come con il Chievo: Cavani è in tribuna a soffrire, Pandev soffre in campo, Insigne si danna alla ricerca dello spunto decisivo, e alla fine arriva lui, Marek il giustiziere. L’uomo della provvidenza di un momento delicato. Il campione che matura di partita in partita. Il giocatore fondamentale di una squadra che può volare. Ma che a volte deve ancora imparare a spiegare le ali.
LA LIBERTA’ – E allora, il giorno dopo la vittoria con i veronesi di Corini, la quinta al San Paolo per una fedina ancora immacolata, è sia quello della gioia e della riscossa, sia quello di un rimpianto non ancora metabolizzato. Torino, e dunque la Juventus, bruciano e non poco, e fanno anche riflettere sull’importanza di Hamsik nell’economia dell’attacco, del gioco offensivo del Napoli: prezioso in copertura, certo, ma ancor di più se liberato da incombenze tattiche e pronto all’inserimento, all’invenzione e al graffio. Proprio come con il Chievo: la trasformazione in trequartista è stata la mossa cui Mazzarri non può più rinunciare.
LEADER – Una notte da condottiero, la sua. Non la migliore delle sue prestazioni, magari, ma di certo una delle più convincenti sotto il profilo dell’intelligenza e del carattere: nel momento di stasi, di stallo, Marek è venuto fuori con una giocata determinante che ha fruttato tre punti d’oro nella corsa, nella rincorsa alla Juve. Ecco, sono proprio situazioni come quelle di domenica a segnare il limite, il confine tra un uomo prezioso e uno fondamentale: in quest’ottica, il capitano slovacco è ormai diventato imprescindibile. Una crescita esponenziale: da quando indossa la maglia del Napoli, Hamsik non aveva mai cominciato così bene, e non per un fatto di gol. E’ una questione di carattere, di capacità di prendere la squadra per mano e di trascinarla. La capacità di essere – finalmente – anche un leader.
LIETO FINE – Bene, bravo, bis. Anzi tris, considerando le reti realizzate finora in campionato con il Palermo, l’Udinese e il Chievo (53 in totale, 62 considerando anche le coppe da quando è al Napoli). Fermo restando anche l’episodio con la Fiorentina e dunque l’autogol di Borja Valero. Storie di numeri e statistiche, poco importa: «Sì, perché conta soltanto che il Napoli sia tornato a vincere: gol a parte, la gioia più grande è aver conquistato altri tre punti e aver consolidato il secondo posto in classifica». Parole da leader, appunto, rilasciate attraverso il proprio sito web ufficiale. E ancora: «Anche se il Chievo lotta per altri obiettivi, sapevamo che ci avrebbe messo in difficoltà. Nelle ultime stagioni abbiamo sofferto spesso. Per fortuna siamo riusciti a batterlo: un lieto fine». E ora, l’Atalanta. La squadra di cui è direttore generale Pierpaolo Marino, l’uomo che nel 2007 lo ha regalato al Napoli, strappandolo alla concorrenza con un’intuizione – e un investimento – da numero uno. Come Hamsik. La chiave tinta d’azzurro.
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
A.S.
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