Lui pensa (sempre) positivo, perché è vivo. Come un po’ tutta la squadra ci piace ipotizzare. Anche dopo un fatidico venerdì di accentuata passione, ma senza l’atteso (da tutti) acuto. Un po’ strozzato per la verità, anche se nel complesso la notte del big-event non è da appallottolare e buttare nel cestino. Niente e nessuno potrà fermare (sempre ricalcando i temi cari a Jovanotti) la sua corsa verso la definitiva consacrazione in azzurro, con quella nel panorama internazionale che definiremmo già ad un punto piuttosto avanzato. In quest’onda che viene e che va (il ruolino di marcia del Napoli) c’è però il punto fermo Hamsik. Una vera e propria costante, nel lineare percorso della quale risulta davvero complicato trovare eccezioni. Perché in cinque stagioni e mezza di Napoli (cinque anni otto mesi e due giorni), Marek Hamsik è riuscito ad essere sempre se stesso, senza mai cadere in eccessi, senza mai snaturarsi o contraddirsi. Acquisendo anzi meriti e titoli durante quel formativo percorso in azzurro (visto che è arrivato a nemmeno venti anni), andato anche oltre le previsioni. Già, perché il Marekiaro di Banska Bystrica, adesso è un vero e proprio top player. A tutti gli effetti.
CHE PECCATO! – E sì, dispiace, e pure non poco. Che non possa aver realizzato stavolta quanto di sicuro si proponeva alla vigilia. Continuare a martirizzare l’avversaria per eccellenza, a cui aveva già segnato ben sei reti (e due assist) nella sua parentesi partenopea. Solo al Palermo ne aveva rifilate di più (sette). Reti peraltro pesanti, come l’ultima nell’indimenticabile notte di Coppa Italia. La Vecchia Signora nelle vesti di musa ispiratrice dei sigilli di Marek, stavolta s’è rivelata piuttosto sfuggente. Ma il prezioso “cuneo” campione d’improvvisata, che anche i club più forti al mondo farebbero carte false per assicurarsi, nonostante avesse anche un piccolo ma fastidioso carico di pensieri aggiuntivi da smaltire (vedi la nuova e vergognosa rapina, poi l’influenza) ha sempre dato il meglio di sé, mai nascondendosi dietro un comodo paravento di personali disavventure o affini.
CHE VOGLIA… – Certo, la voglia cresce in MH17 (secondo l’ultima moda che si rifà a simboli un po’ “chimici”). Voglia di vittoria e fame di gol. La prima manca un mese, da Napoli-Catania (2-0) che, guarda un po’, è anche data dell’ultima prodezza di “cresta acuminata” (condita da assist a Cannavaro). Quel tap in derivante da incursione fra le linee, pezzo forte della casa, spinto in rete con abilità dopo il tiro-cross di Zuniga. E con questo siamo ad otto (ma reclama anche il gol conteso a Borja Valero, passato fra la pelata dello stesso e la sua cresta), in perfetta linea col suo standard migliore, quello che l’ha portato a non scendere mai sotto i nove centri da quando è a Napoli. Dodici il record in serie A (2009/10), obiettivo più che mai vivo e vegeto. Perché lui pensa sempre positivo.
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
A.S.
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