Trecento partite giocate in Italia, il battesimo di Brescia e la fiaba di Napoli. Numeri che svelano la precocità di Marek Hamsik, perché, se non sei stato un enfant-prodige, non puoi raggiungerli a venticinque anni. Non è tutto, sono già 224 presenze in azzurro: non è una cifra tonda, però vale l’aggancio ad Antonio Girardo, mediano degli anni Sessanta, al ventiquattresimo posto assoluto tra i calciatori con più presenze nella storia del Napoli.
CONSAPEVOLEZZA – Hamsik ha già regalato pagine importanti, ma le più belle le ha davanti, ancora bianche: il sogno, concreto, è raccontare uno scudetto, completare con un finale lieto il romanzo della sfida alla Juve che si ripropone dopo i magnifici anni Ottanta. Non ha problemi ad ammetterlo, al termine della sofferta partita di Marassi, chiusa con un successo che lascia intatto il primato al fianco della squadra di Antonio Conte: « Questa vittoria è molto importante e vale più di tre punti – riconosce – è stata davvero una gara difficile, con la Samp che ci ha fatto soffrire ». E’ la premessa, poi c’è la promessa: puntare in alto, confessarlo candidamente, non cedere a scaramanzie e finte modestie, nell consapevolezza che il Napoli possiede tutte le qualità tecniche e caratteriali necessarie per arrampicarsi in alto. Lo slovacco scorre la classifica e parla con sincerità: « Noi al comando? Vogliamo lottare per lo scudetto. Non ci nascondiamo anche se il campionato è lunghissimo: vogliamo continuare su questa strada».
SUPERIORITA’ – Non sono parole in libertà, dichiarazioni populiste, speranze ardite incollate con lo scotch a un paio di buoni risultati. No, questo Napoli svela organizzazione, classe e attributi: ha pieno diritto di pensare in grande. Marassi è una riprova e non è contraddittorio che la partita sia stata una salita, perché se ti imponi anche quando finisci, a tratti, alle corde, vuol dire che puoi andare lontano davvero. «E’ stata una gara molto dura – ripete lo slovacco – La Sampdoria ha giocato bene soprattutto nel primo tempo e Mazzarri nell’intervallo ce lo ha fatto notare. Nella ripresa, però, siamo riusciti a giocare meglio e lavorare più palloni in mezzo al campo, abbiamo sbloccato e creato superiorità numerica».
DEDICA – Ha sbloccato lui, a dire il vero. Una discesa superba, di quelle che appartengono al suo dna, interrotta rudemente da Gastaldello all’ingresso dell’area: la svolta della partita perché ha procurato il rigore trasformato da Cavani, e sancito, con il rosso al difensore, l’inferiorità numerica della Sampdoria. «L’azione che ha portato al penalty è stata bella, però conta solo la vittoria» si schermisce. Un altro segno di forza: il collettivo che oscura le prestazioni individuali, i grandi solisti come lui che si confondono nel coro e non si sentono per nulla sminuiti.
Conta la vittoria, insiste Hamsik, e fissa ancora lo sguardo sulla classifica, sul Napoli che affianca la Juve scudettata a quota 16 e pensa già allo scontro diretto tra un paio di giornate. Sorride, Hamsik. Sa che il campionato è ai primi vagiti e che illudersi può diventare pericoloso, però percepisce che il primato non è casuale e per questo sbandiera tranquillamente le ambizioni.
Come fanno i tifosi che lasciano Genova in festa, diretti a Napoli o alle tante città del Nord da cui si sono mossi per stare accanto alla squadra: «La vittoria la dedichiamo a loro – conclude lo slovacco – ci hanno seguito in tanti e, come sempre, ci sono stati vicini».
Come fanno i tifosi che lasciano Genova in festa, diretti a Napoli o alle tante città del Nord da cui si sono mossi per stare accanto alla squadra: «La vittoria la dedichiamo a loro – conclude lo slovacco – ci hanno seguito in tanti e, come sempre, ci sono stati vicini».
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
A.S.
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