He’s back: e in quel putto che attraversa Firenze, testa alta e materia grigia spruzzata in fuori, ovunque, c’è il calcio che avanza meravigliosamente, danzando con leggerezza in quel giardino incantato. Il dolce stil novo è in quell’eleganza che cattura, rapisce, affascina sino all’innamoramento, la solennità della tecnica applicata alla acutezza di un’intelligenza d’applausi: e in quel talento che si libera lieve e si stacca dalla normalità assoluta, brilla il senso vivo dell’esteta.
E UNO! – Il dubbio amletico che vibra da sempre è ormai un dettaglio esistenziale e chiedersi adesso se Hamsik sia più Gerrard o più Lampard è argomento ozioso, una divagazione o nonsense che svilisce al terzo minuto d’una gara ch’è una esibizione solenne d’un ventiquattrenne capace di stupire con l’effetto speciale d’un assist regale, quasi un no look per elevare il matad’or agli altari della gloria. «Bella giocata, bella partita. La Fiorentina ci ha messo in difficoltà nel primo tempo, ma noi siamo partiti bene, molto bene». Tre minuti appena ed è già la notte di Marek Hamsik, di quel leggiadro cavaliere capace di palleggiare nel solco di una originalità assoluta ed imprevedibile, genietto dalla lampada sempre lustrata che s’attacca a Montolivo e lo redime, prima di ripartire, zazzera al vento, per ricamare football universale.
E DUE! – Ma le partite non finiscono mai e, per archiviarle con autorevolezza, per blindarle in cassaforte e poi cominciare a pensare al Chelsea e magari un po’ anche a Lampard, serve la freddezza glaciale del vanto dell’Est, di quel fenomeno avvicinato persino a Nedved e però sempre più se stesso, quindi sempre più Marek Hamsik, che timbra la serata sfruttando il campo largo, osservando lo scatto di Cavani, servendolo con i giri giusti, per mettere il sigillo con il 2-0, l’anticamera del trionfo assoluto ed autorevole per riveder le stelle.
SETTEBELLEZZE – Prendi uno slovacco come Marekiaro, raccogline il meglio su quel prato che ormai è il suo luna park, raccatta le statistiche dell’ennesima stagione-capolavoro e, senza miscelare, gustala tutta d’un sorso: perché in quello scugnizzo con gli occhialini da professorino, il calcio diviene sviluppo totale cerchiato con l’azzurro-Napoli dai sette assist che vanno ad infiocchettare le otto reti, sei in campionato e due in Champions, prima che sia Chelsea e che nell’aria s’oda la sua colonna sonora preferita, il desiderio confessato a più riprese: «Il mio sogno è stato ed è giocare al san Paolo una coppa che non ha eguali: l’atmosfera è magica ed io sono orgoglioso di viverla qua».
NIENTE INTER – La macchiolina gialla in quell’ora e mezza perfetta è un aspetto assai marginale, ma quando Orsato estrae il cartellino, l’Inter è già stata rimossa dai pensieri di Hamsik, oramai già distratto dal martedì grasso e da quella classifica tornata ad essere invitante, elettrizzante, stimolante, eccitante: «Devo dire che l’ammonizione è stata giusta». L’Inter, l’altra casa intravista per un momentino, prima che spuntasse il Napoli, nell’estate del 2007, offrisse cinque milioni di euro e decidesse di godere d’un panorama sull’Europa da lasciare senza fiato, estasiati, quasi perduti ad ammirare l’orizzonte tracciato da uno stilista del calcio: visto da Marekiaro, la vita è piacere assoluto.
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
A.S.
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