Eppure tornano: e non si può scegliere un giorno migliore per farlo, perché in questo giardino che sa d’un calcio d’altri tempi e fa molta tenerezza c’è solo e soltanto la sagoma di Marek Hamsik a dominare la scena. E’ un revival per figli, nipoti e quei diecimila che l’applaudono, è un’emozione che resta, è un marchio di fabbrica per rilanciarsi in (grande) stile e ripartire a cresta altissima fendendo la malinconia per ciò ch’è stato nell’ultimo annetto e magari sculacciare la memoria. «Sono stato criticato perché non segnavo, stavolta ce l’ho fatta». E’ miele – forse anche un pizzico di fiele – da far scivolare nelle tenebre della sua Bratislava, sui ricordi di una infanzia attraversata da solo per crescere rapidamente: mamma e papà ad un paio di centinaia di chilometri e Marek a rincorrere i sogni, mica gli aquiloni, inseguendo un pallone e con esso, ovviamente, poi la gloria. «Una giornata densa, piena di felicità, colma di emozioni. E poi il gol che inseguivo e che serve anche a me ed anche a frenare qualche critica; ma anche l’assist che va sempre bene. Sono contento, ci mancherebbe».
LO SHOW. Perché non era semplicissimo farsi largo in quel cumulo di fotogrammi che cominciano dai quattordici anni ed arrivano sino al Napoli e anzi sino al 2 ottobre del 2014, quando Hamsik s’è ripreso il proprio percorso e lo ha avvertito sulla pelle, nella carne. Un ragazzo, un bambino, diventato capitano del Napoli; un simbolo della Slovacchia, perché anche il leader della propria Nazionale; una fusione magica con quella folla, per una volta «nemica» – ma tra virgolette, non sia mai detto – che ora l’osanna come si fa per una star.
LUI & LUI. E’ Slovan Bratislava-Napoli ma in realtà è Hamsik con Hamsik che se ne va passeggio per il campo, disegna calcio, sta nel 4-2-3-1 che non gli dà allergia, segna e confeziona invenzioni per Higuain, poi si tiene quell’abbraccio denso di ammirazione e forse anche di nostalgia. «Le critiche fanno parte del calcio, però ne ho sentite anche quando mi sembrava di aver giocato bene. Stavolta il gol aiuta tutti, soprattutto la nostra classifica: noi volevamo vincere, perché noi vogliamo sempre vincere, e adesso con sei punti in classifica si sta meglio. Non è fatta, guai pensarlo, ma siamo messi molto meglio e possiamo guardare avanti con rinnovata fiducia, con un po’ di ottimismo ed anche un pizzico di tranquillità».
LA REAZIONE. Due vittorie consecutive: e non era ancora accaduto; e pure la seconda partita, come con il Sassuolo, senza prendere gol. E poi un Hamsik che ricompare come in quei giorni: oh, capitano, gli avrebbero urlato, mentre sta danzando tra le linee, nel bel cuore di quel modulo che pareva gli stesse largo o stretto (fate un po’ voi) e che invece stavolta lo esalta, perché fa tutto Marekiaro, come usava una volta. «In queste ultime sfide, quella con il Sassuolo e questa con lo Slovan, siamo stati bravi a cogliere la vittoria e a restare con la porta inviolata. Sono i segnali di un progresso ineviatabile, che ci servirà molto per continuare a far bene. A volte i risultati finiscono per condizionare certi giudizi ma noi di fortuna non ne abbiamo avuta tanta, a dire il vero: semmai è accaduto il contrario. E adesso ci godiamo questo successo, questi tre punti e pensiamo al Torino». Perché è passata appena un’altra nottata ed è quella di Hamsik.
Fonte: Corriere dello Sport
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