Marek Hamsik, centrocampista del Napoli, ha rilasciato una lunghissima intervista ai microfoni del Corriere dello Sport. Ecco alcuni passaggi.
Chi è stato il giocatore che l’ha più impressionata nella sua vita? Quello che è stato il suo mito?
«Mi piaceva Zinédine Zidane, estro e geometria, e molto Pavel Nedved che era delle nostre parti, della Repubblica Ceca, e ha fatto una grandissima carriera. Due centrocampisti con spiccate doti offensive, come, in fondo, sono io».
Poi viene ceduto al Brescia, e così arriva nel nostro paese.
«Mi ero fatto notare in Slovacchia e così il presidente Corioni mi ingaggiò. Brescia è sempre stata una fucina di talenti, pensi solo a Pirlo. E io esordii in serie A che non avevo neanche diciotto anni».
Lei è uno dei giocatori che nella storia del Napoli rimarrà per il segno che ha lasciato: per i gol che ha segnato, per le presenze. Dopo Bruscolotti e Juliano è il giocatore che più volte ha indossato la maglia azzurra. Cosa è Napoli per Marekiaro?
«Ormai Napoli è casa mia e sono orgoglioso di stare qua. È una città in cui vivo bene e in cui non mi sento straniero. Napoli è migliore di tanti stereotipi e tanti pregiudizi. È una città splendida e i napoletani sono calore umano e intelligenza, senso dell’umorismo e generosità. Spero di portare ancora avanti la mia carriera nel Napoli. Vediamo cosa sarà, ma spero in me stesso. E poi sono legato a Castel Volturno, dove vivo. Pensi che mi conferiranno la cittadinanza onoraria. E io sono molto grato è orgoglioso di questo».
Cosa le piace di Napoli calcistica?
«La passione incredibile per il calcio. I napoletani sono caldi, competenti , vivono il calcio come un gioco, ma un gioco importante. Per un calciatore è l’ambiente ideale. Aggiunga il mare meraviglioso e il mangiare sopraffino ed è spiegato facilmente perché chi arriva a Napoli difficilmente ha poi piacere ad andarsene».
Perché però è così difficile vincere uno scudetto a Napoli?
«Per la semplice ragione che ci sono squadre molto forti, squadre costruite da anni per vincere in Italia. Squadre che ora sembrano costruite persino per vincere in Europa».
Che differenza c’è tra Sarri e Ancelotti?
«Siamo tutti soddisfatti di Ancelotti. Il mister ci ha fatto capire, in poche settimane, di essere una persona stupenda, aperta. Ci dà tanti consigli, è molto simpatico e sta lavorando molto bene. Non per caso ha vinto dovunque è stato, in Europa. Siamo un po’ tutti scettici dopo le amichevoli disputate, ma in campionato si è visto quanta grinta ci mettiamo. Siamo sempre una buona squadra che vuole giocare e divertire. Non abbiamo vinto tanto, finora, ma abbiamo una gran voglia di farlo».
Sarri che caratteristiche ha come tecnico?
«Sarri era un uomo del campo, viveva ventiquattro ore su ventiquattro in campo. Era davvero malato, veramente, non trascurava niente, neanche i minimi particolari».
Dove può arrivare il Napoli quest’anno?
«E’ ancora presto, siamo all’inizio del campionato. Però la squadra non è cambiata moltissimo. Ogni giocatore, nel nostro sistema, è fondamentale. Come lo è il mister. Che apporta le sue nuove idee, con equilibrio e saggezza, su un modo di giocare collaudato nel tempo. Per il resto la squadra è sempre la stessa. Può fare molto bene. In campionato e in Europa».
Qual è il gol più bello che lei ha fatto nella sua vita? Quello che ricorda con più piacere?
«Quando abbiamo vinto la Coppa Italia contro la Juventus, nel 2012. Una gioia incredibile. E poi quello con il Milan quando attraversai il campo con la palla al piede e poi segnai».
Quale è il calciatore più intelligente con cui lei ha mai giocato? In campo e nella vita?
«Non ho alcun dubbio: Pepe Reina. Grande cervello, grande persona. Un leader».
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